martedì 21 ottobre 2008

Se il Papa non parla di camorra

Il papa a Pompei non pronuncia la parola «camorra». Apriti cielo. C'è chi si aspettava di più, chi ritiene che la Chiesa sia troppo timida. C'è chi gli contrappone Roberto Saviano. Un vizio antico spinge a distinguere i cattolici che ci piacciono da quelli che non ci piacciono affatto. Agli uni, la rappresentanza del vero spirito del cristianesimo; agli altri, le posizioni più retrive. Una volta erano i cattolici del dissenso, ora sono quelli adulti. Uno schema logoro e tuttavia reiterato a dispetto delle numerose smentite. Oggi viene riproposto sul fronte della lotta alla camorra. Quanto appare flebile la voce del papa tanto più risuona quella del vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, di cui l'Avvenire pubblica una lettera che piace molto ai nuovi cultori dell'apocalisse: la camorra sembra onnipotente, niente sfugge al suo controllo. Nessuna distinzione, tutti colpevoli. Il gioco si spinge fino al ridicolo, il Ratzinger di un anno fa a Napoli, che a piazza del Plebiscito pronuncia parole inequivocabili sulla violenza, di fronte al papa che sul sagrato del santuario mariano non nomina e non condanna. Chissà perché? È cambiato il papa o sono quelli che gli preparano i dossier ad aver sbagliato? L'ombra del sospetto, non osando allungarsi sulla figura del pontefice, mette in gioco la Chiesa come istituzione, di cui si lascia balenare una presunta insensibilità. Contro la Chiesa ci sono le singole figure dei preti coraggiosi, dei testimoni della fede cristiana nella terra della violenza e delle stragi. Non è la prima volta che attorno alle parole del papa si scatena la polemica dei suoi censori e il tentativo palese è fare di Pompei una piccola, nostrana, Ratisbona. Ratzinger parla un linguaggio complesso che prova ad articolare la realtà e puntualmente c'è chi insorge perché la sua sintassi si rifiuta alla contrapposizione, alla rigidità del bianco e del nero. Allora si trattava del rapporto tra religione e violenza, oggi della teologia mariana. In entrambi i casi le parole del pontefice vengono ridotte e giudicate sul terreno della logica binaria, «stai con me o contro di me?». Non c'è spazio all'argomentazione in questa parodia del discorso pubblico. In verità, non c'è spazio per niente che non sia il compiacimento del conformismo ideologico. C'è qualcuno che si arroga il diritto di stabilire cosa si possa e si debba dire parlando di Sud e al Sud; chiunque si provi a scegliere un terreno differente viene immediatamente folgorato da scomunica. Per dei laici è un bel paradosso. Soprattutto va notato un effetto tutt'altro che secondario di questa intransigenza dei custodi dell'anticamorra. Il papa parla di matrimonio, di fedeltà dei coniugi, del ruolo della donna. Si può non essere d'accordo con il magistero della Chiesa su questo terreno. Ma perché a Pompei e in Campania gli uomini e le donne non dovrebbero essere chiamati a confrontarsi su tali questioni? Ai tempi della camorra, forse, gli italiani del Sud non hanno diritto ad amare, non mettono su famiglia, non allevano figli? (Adolfo Scotto di Luzio da il Corriere del Mezzogiorno)

Nessun commento: