mercoledì 24 giugno 2009

Demarco: Maurizio è stato il simbolo

Ho sempre conservato gelosamente, e tanto più lo farò oggi, un ritratto che Maurizio Valenzi abbozzò sul dorso di un opuscolo del Pci. Era il maggio del 1981. Valenzi disegnava senza mai staccare la penna dal foglio, alla maniera di Modigliani. Partecipava alle riunioni di partito e ritraeva, nei locali sa­turi di fumo di via dei Fiorenti­ni, chiunque lo incuriosisse. Ascoltava e disegnava, prende­va appunti e sintetizzava in po­chi tratti le personalità com­plesse di dirigenti comunisti o l’emozionata presenza di giova­ni come me alle prime armi. Ho seguito Valenzi in quegli anni da cronista dell’Unità. Lo ricor­do elegante e autorevole varca­re la soglia di Palazzo San Gia­como e trasformarsi in quell’at­timo da uomo di partito a uo­mo delle istituzioni. Partecipa­va a quelle riunioni, ma non ha mai confuso i ruoli. Erano altri tempi. Il primo e unico sindaco del Pci, il galantuomo di sini­stra, l’artista, il dirigente che accolse Togliatti al suo rientro da Mosca: ecco chi era Valenzi. Una vicenda personale, la sua, che ha attraversato la storia po­litica e culturale del nostro pae­se. Ha conosciuto l’esilio a Tu­nisi, le sofferenze della prigio­ne, ha frequentato i massimi esponenti dell’arte e della lette­ratura, ma ciò che più ha segna­to la sua esistenza sono certa­mente gli anni passati a Palaz­zo San Giacomo. Le giunte Va­lenzi, costituite a metà degli an­ni Settanta, nel periodo delle larghe intese, e concepite come riflesso locale del compromesso storico, furuno un continuo mi­surarsi con le emergenze. Nac­quero dopo il colera del ’73 e fi­nirono sotto le macerie del ter­remoto, sempre schiacciate sui drammi sociali della disoccupa­zione, dei senza tetto, dei doppi e tripli turni scolastici, delle mense dei bambini proletari, del lavoro nero. Ancora oggi in molti ripensano a quelle giunte con grande nostalgia. Proprio l’altro giorno, inaspettato, è ar­rivato il ricordo di Luigi Cesa­ro, neopresidente berlusconia­no della Provincia di Napoli: «Valenzi è stato per me un mae­stro », ha dichiarato commos­so. Un paradosso che però è tut­to dentro la storia di Napoli. Le giunte Valenzi hanno co­stituito un modello per Cesaro, ma non per Bassolino, convinto che quell’esperienza apparte­nesse a un altro mondo politico e che non avesse più nulla da in­segnare. Anni dopo, quando la sinistra è tornata al governo cit­tadino, non un assessore di quelle giunte è stato recupera­to. E tuttavia, se è vero che quel­le amministrazioni hanno im­pressionato più l’immaginario collettivo che la storia reale di Napoli, è un dato acquisito che le giunte Bassolino non sono riuscite ad offuscarne la memo­ria. (Marco Demarco il Corriere del Mezzogiorno)

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