mercoledì 18 agosto 2010

Il j'accuse di Farefuturo: «Berlusconi ha ucciso il Pdl»

Silvio Berlusconi? «E’ il mandante ed esecutore» dell’uccisione del Pdl. A puntare il dito contro il presidente del Consiglio è ancora una volta Farefuturo, la fondazione vicina al presidente della Camera da giorni in guerra con il Pdl. In un editoriale pubblicato oggi sul sito della rivista si legge: «È lui che ha voluto l’assassinio di un partito appena nato. Ecco chi è stato mandante ed esecutore allo stesso tempo dell’uccisione di un progetto politico che poteva scrivere il futuro dell’Italia». Secondo Farefuturo, la «pistola fumante», la «prova regina» che «inchioda il vero responsabile della crisi c’è, ed è nelle mani del premier, perché è stato lui, Silvio Berlusconi, a infilarsi da solo, anzi, accompagnato dai suoi numerosi cattivi consiglieri, in una situazione che rischia soltanto di far male al paese». E per quale motivo lo avrebbe fatto? Ecco la spiegazione: «Perché, in sostanza, non ha saputo gestire il suo partito, non ha saputo onorare il patto con gli italiani, non è stato capace di governare con la sua maggioranza». Per Farefuturo, «la prova regina» è il «documento con cui si è decisa l’espulsione di Fini dal Pdl». Un documento, si legge nell’editoriale, «dai toni stalinisti» con cui «il premier ha firmato nero su bianco la sua dichiarazione di colpevolezza, e su cui si è infranta la speranza di costruire un grande partito liberale di massa, una nuova casa dei moderati, uno spazio che desse voce anche in Italia alla “destra nuova”». Per il resto, si legge, “è contorno”. Quello prima e quella dopo l’espulsione di Fini. Quello prima: “il vuoto monolitismo e il centralismo carismatico di un partito che non prevedeva discussione interna, la barzelletta del 'compagno Fini’, la brutta 'legge bavaglio’. Poi c’è quelo dopo: «E sono le campagne diffamatorie a base di scoop rabberciati e testimonianze-patacca che inondano la stampa di famiglia del premier, accompagnate dalla raccolta-firme per far dimettere la terza carica dello Stato; ma anche le non tanto velate minacce al capo dello Stato, i richiami alla piazza e la china populista». (L’Unità)

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