martedì 31 agosto 2010

Legge elettorale, D’Alema propone il modello tedesco

Bossi ha detto che l’attuale legge elettorale “è perfetta e non si può tornare al passato”. Cioè, non si può più consentire che i cittadini scelgano i propri rappresentanti in Parlamento, devono nominarli i capi-partito. Massimo D'Alema, invece, rilancia la proposta di una riforma elettorale sul modello tedesco e attira su di sé il fuoco di sbarramento del Pdl e non pochi distinguo da parte di suoi compagni di partito nel Pd. E tocca al leader democratico Pier Luigi Bersani far capire che il partito non intende 'impiccarsi' alle formule ma pensa a "un sistema tedesco corretto o a un Mattarellum corretto". "E' inutile illudersi, o cercare altre scorciatoie: per uscire dal berlusconismo - avverte D'Alema in un colloquio con Repubblica - occorre ripensare le forme del nostro bipolarismo malato". A suo giudizio con il sistema tedesco si potrebbe "convogliare un campo vasto di forze, dall'Udc alla Lega, e creare un assetto tendenzialmente bipolare, anche se non bipartitico, dove si andrebbe alle urne con cinque, massimo sei partiti, con un centro forte che si allea con la sinistra, con la sfiducia costruttiva, con una buona stabilità dei governi, che volendo potremmo persino rafforzare con l'introduzione di una clausola anti-ribaltone". La maggioranza replica a più voci. Con il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che si dice sicuro che le "scorciatoie" ricercate dalla sinistra "la porteranno in un vicolo cieco". Con il ministro Gianfranco Rotondi, che avverte: "Non è una priorità, noi di certo non la cambieremo". E con Fabrizio Cicchitto, che spiega che il "tatticismo" di D'Alema non potrà surrogare la "debolezza politica" della sinistra ma poi è colto dal dubbio: "Ciò, a meno che il centrodestra - precisa - non decida di offrire una sorta di 'soccorso azzurro' alle debolezze della sinistra. Ma ci auguriamo che da un lato la saggezza, dall'altro lato le sollecitazioni del popolo di centrodestra, prevalgano". Fedele all'alleato e alla creazione del suo ministro Roberto Calderoli (che definì la legge "una porcata"): "La legge elettorale non va cambiata", taglia corto Roberto Cota. "E' una buona legge - aggiunge - che ha dato semplicità e stabilità e quindi non va cambiata". D'Alema incassa però una bocciatura anche dalla presidente democratica Rosy Bindi, alleata di ferro del segretario Pier Luigi Bersani, che gli ricorda la necessità di trovare una soluzione condivisa dall'intero partito, e avverte: "Non si può immaginare di uscire dal berlusconismo tornando indietro, con i partiti che umiliavano le istituzioni e i cittadini, non si puo tornare alla politica delle mani libere". No secco anche dal veltroniano Stefano Ceccanti, costituzionalista e studioso della materia, che accusa D'Alema di volersi liberare "insieme a Berlusconi anche del bipolarismo, peggiorando la già pessima legge elettorale". Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani prova a tirare i fili del dibattito, ricordando che la legge elettorale è nel campo delle "regole", quindi la riforma va fatta "con chi ci sta" e non è solo un problema del suo partito. Quanto al modello da adottare, un sistema "sostanzialmente" bipolare ma "flessibile" può venire fuori "da una correzione del modello tedesco o da una correzione del Mattarellum". E a chi dice che "un certo meccanismo non consentirebbe il Pd o l'Ulivo", manda a dire: "Ma vogliamo scherzare? Il Pd è il partito del secolo. Il problema semmai è che c'è ancora Berlusconi".

1 commento:

Anonimo ha detto...

D'Alema la deve smettere di lanciare il sassolino e poi nascondersi la mano ,in Italia , c'è stato un Referendum ( voluto e vinto da Segni) a cui non si è mai voluto dare riscontro o seguito; lo stesso Massimo ( per me) si è reso protagonista dello affossamento di Prodi che comunque stava insaurando una stagione di riforme. Non dimentichiamoci che dalla sconfitta dell'Ulivo ne è venuto fuori il governo Berlusconi da cui poi è nata la legge ( attuale) elettorale di Calderoli.E' arrivato il momento per il caro Massimo di darsi alle letture ,in quanto non è più l'egemonitore del P.D.