venerdì 28 ottobre 2011

Il PTCP non ingabbi il territorio!

Il Vicesindaco Benedetto Migliaccio sul tavolo provinciale: "L’economia è ferma, basta scelte sbagliate! Non rubiamo il futuro ai giovani ed al Territorio"

Vico Equense - Nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Urbanistica e al Governo del Territorio Marcello Tagliatatela, ha insediato il Tavolo di copianificazione per la redazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Napoli. La Provincia aveva avviato una prima fase di consultazione articolata su base territoriale, svolgendo tra febbraio e giugno del 2010 un incontro per ciascuna delle macroaree in cui sono stati aggregati i comuni della provincia. L’incontro tenutosi con la macroarea Penisola Sorrentina-Isola di Capri risale al 19 maggio dello scorso anno. Successivamente a quella data non risultano incontri fino al 18 luglio del 2011 quando viene convocata una riunione per presentare “osservazioni”, considerazioni e proposte di modifica dello schema PTCP che saranno “oggetto di approfondita valutazione da parte della Giunta Provinciale. Il PTCP è lo strumento di copianificazione, previsto dalla Legge 13/2008; d’intesa con le stesse amministrazioni provinciali, il percorso amministrativo dovrà portare entro il primo semestre del 2012 all’approvazione di tutti e cinque i piani di coordinamento provinciale. Al Tavolo delle amministrazioni comunali - svoltasi in Provincia di Napoli lo scorso 25 ottobre – ha partecipato il Vicesindaco, Benedetto Migliaccio, delegato dal Sindaco di Vico Equense, Gennaro Cinque. Nelle riunioni precedenti il Comune di Vico Equense, come quelli della Penisola sorrentina, sottoposti alla sovrapposizione tra pianificazione urbanistico-territoriale e PUT della Penisola sorrentina (L.R. 35/87), avevano presentato osservazioni e posto problematiche che avrebbero richiesto una revisione dello schema di Piano Territoriale. L’intervento di Vico Equense questa volta è stato deciso nei toni e forte nei contenuti “A tutt’oggi – spiega il Vicesindaco – non si conoscono le determinazioni assunte in merito da parte dell’Ente provinciale. Eppure, in tutte le riunioni è stata ripetuta la volontà di stabilire un percorso e un metodo condiviso con le amministrazioni comunali per gli ulteriori approfondimenti del piano, intento che non ha avuto attuazione.” Il tono di Vico Equense è stato critico sul passato: “Le scelte Ideologiche e sbagliate del passato fanno si che oggi l’Urbanistica si faccia con Vigili, Carabinieri e Procure, e non con il pensiero rivolto al territorio ed a chi lo vive”. La causa è nella guerra tra PCI e DC, sfociata nell’approvazione con legge regionale del PUT per la Penisola Sorrentina senza i necessari approfondimenti ed adeguamenti.


“Il PUT venne pensato alla fine degli anni ‘60 secondo ideologie marxiste, ed è stato approvato nella seconda metà degli anni 80, quando era già vecchio! Ha prodotto guasti irreparabili, ed ha generato mostri tra cui l’abusivismo, rubando il futuro al paese ed a più di una generazione.” L’analisi è spietata “Basti pensare al dimensionamento delle esigenze abitative, fondato sull’equazione 1 vano ad abitante (e chi abitava in più vani che avrebbe dovuto fare, prendere nella propria casa i senza tetto? Dar vita ad una specie di comune, tanto di moda in quei tempi?) Od all’accorpamento ai fini del dimensionamento delle esigenze abitative anche delle seconde case, su cui fonda l’economia turistica e produttiva della zona (E qui che avremmo dovuto fare? Espropriare ad e-sempio il Castello Giusso per darlo ai vicani senza casa?).” Né si cambia tono quando si parla di infrastrutture “Pensi che il PUT, approvato nel 1987, prevede una strada necessaria ad evitare l’attraversamento del Centro di Vico per le auto dirette a Sorrento! Non sapeva che negli anni 80 era stata già aperta la Galleria”. Ancora più feroce la critica sulla mobilità “basata sui rilievi di traffico al casello autostradale di Castellammare del 1966, per cui è ovvio che le nostre strade apparissero sufficienti! Chi nel 1966 aveva l’auto?” Od al divieto di adeguamento delle strade principali, inclusa la Raffaele Bosco”che andava bene nel 66, ma oggi scoppia. Eppure già all’epoca si era rilevata la necessità della strada dorsale, mai fatta sempre e solo per ragioni ideologiche”. Un nuovo Strumento è dunque necessario ma bisogna evitare di rubare ancora il futuro alle nostre zone! A Vico Equense, come in Penisola Sorrentina, non si costruirà mai più e il PTCP si orienta verso la formula di un’abitazione per ogni nucleo familiare. “Quest’opzione non dà risposte né pro-spettive alle giovani coppie che hanno necessità di un alloggio, ma avvantaggia la logica del conflitto sul territorio che poi sfocia nell’abusivismo”. Vico Equense ha dunque posto quesiti specifici sul “dimensionamento”, il rapporto tra il numero di abitanti/famiglie e il numero di vani che genera il “fabbisogno” abitativo. Il Piano di Coordinamento – aggiunge Benedetto Migliaccio - non tiene conto della tipicità del nostro territorio che avendo una forte vocazione turistica conta molte secon-de case, per questo abbiamo ripetuto con forza la necessità di rivedere i contenuti dello schema di PTCP adeguandolo per gli aspetti che ci riguardano. Inoltre, quanto al concetto di famiglia bisogna essere particolarmente attenti; negli ultimi anni nella nostra Città – sottolinea il Vicesindaco - si è registrato un aumento dell’8% circa dei nuclei familiari e solo del 2% circa della popolazione, questo perché il concetto di famiglia oggi è cambiato rispetto al passato. Le coppie separate, ad esempio, formano più nuclei familiari, oppure i giovani che vanno a vivere da soli. Le conseguenze di scelte sbagliate da parte delle Pianificazioni Territoriali sono drammatiche. Secondo il PTCP, chi non ha la capacità di trovare residenza nella propria città deve ricorrere all’edilizia sociale (da non confondere con le case popolari) o andare in perequazione nei Comuni limitrofi, che però versano nelle medesime condizioni. Quindi prima di trovare una città “accogliente” dalle nostre parti bisognerà spostarsi di parecchio e “noi vogliamo evitare che ci dicano di inviare i nostri giovani al “Rione Salicelle, ad Afragola”. Il PTCP deve evitare quindi di “ingabbiare” i comuni in rigidi Piani, che “sono di dettaglio e non di ambito” e per evitare di commettere ulteriori errori gravissimi deve operare “demandando e non sottraendo le Potestà pianificatorie ai Comuni che più agevolmente permetterebbero di agire in merito.” La proposta presentata dal Comune di Vico Equense durante la seduta conclusiva svoltasi il 25 ottobre si riassume nei seguenti quattro punti:

1. La necessità che il PTCP riduca al minimo i contenuti prescrittivi in termini di quantifica-zione di indici e parametri e assuma una più marcata caratterizzazione come strumento di indirizzo e programmazione strategica lasciando piena autonomia ai Comuni nell’individuare le azioni più adeguate da intraprendere per lo sviluppo del proprio territorio purché coerenti con il quadro di obiettivi definiti dal PTCP;
2. Il dimensionamento del fabbisogno residenziale dovrebbe essere calcolato tenendo conto del numero complessivo di famiglie, del numero di componenti medio calcolato sul numero complessivo di famiglie, e del saldo naturale e migratorio e comunque sulla base di un’attenta analisi delle dinamiche, anche socioculturali, che hanno condotto alla formazione delle diverse realtà urbane
3. Per le modalità di valutazione del fabbisogno per i servizi turistici, il Comune di Vico E-quense propone di considerare le residenze turistiche, e le volumetrie relative, come attività produttive e non computarle ai fini abitativi;
4. La necessità che il PTCP assume le forme di valenza di Piano Paesisitico previste dalle norme vigenti, come pure dal recente Regolamento per il governo del territorio (art. 9, comma2), in modo da conseguire una semplificazione normativa ancora più efficace ove si cogliesse l’occasione di mettere in coerenza il Piano Provinciale con il redigendo Piano Paesistico Regionale.
Il Vice Sindaco di Vico ha poi concluso con una puntualizzazione: “per affrontare in modo proficuo le complesse e articolate sfide del cambiamento sociale, culturale e urbanistico bisogna ricorrere a progetti lungimiranti per il rilancio dell’economia e dello sviluppo dei nostri territori. L’impegno delle Amministrazioni Comunali, affiancate da Provincie e Regioni, deve necessariamente fondarsi su una politica di contrasto al degrado e al deturpamento dei luoghi, adoperandosi in maniera concreta per la tutela e la salvaguardia dell’ecosistema e attivando idonee misure di supporto e leva allo sviluppo delle attività produttive, residenziali e del terziario”. “Facendo altre scelte sbagliate, si genereranno tensioni e conflitti di cui il territorio potrebbe essere chiamato a pagare il conto!”

2 commenti:

Giuseppe Guida ha detto...

Provo a rispondere io ai punti posti dall’avv. Migliaccio.
PUNTO 1 – Ridurre nel Ptcp la quantificazione di indici e parametri potrebbe essere una cosa ragionevole ma non può avvenire in aree come la nostra già soggette ad un piano paesaggistico che il Ptcp si candida a sostituire. L’autodeterminazione delle amministrazioni comunali, soprattutto in zone vincolate, è un principio fasullo e pericoloso perché l’ente comunale è quello più soggetto alle pressioni del cittadino e dei gruppuscoli di potere che in genere albergano nei Municipi.
PUNTO 2 – Chi si occupa di urbanistica e redige piani comunali sa che già adesso il fabbisogno residenziale viene sempre e comunque “calcolato tenendo conto del numero complessivo di famiglie, del numero di componenti medio calcolato sul numero complessivo di famiglie, e del saldo naturale e migratorio".
PUNTO 3 – Cosa si intende per “residenze turistiche” che si vorrebbe computate come attività produttive? Se le osservazioni si fanno con questo grado di approssimazione è difficile che vengano accolte o capite.
PUNTO 4 – E’ scritto male in italiano e mi rifiuto di interpretarlo.

Ad ogni modo, la chiacchiera da bar che il nostro territorio sia “imbrigliato”, che la tutela di quello che rimane è “una scelta ideologica”, che da queste parti “non si può fare niente” e che “l’economia legata all’edilizia è ferma”, abbisogna di qualche integrazione. Chiedo ad esempio, all’assessore Migliaccio, cosa “non” si possa fare nel nostro comune e come mai i dati dicono che l’edilizia è tra le prime attività di questa città. Una città che invece dovrebbe vivere anche di turismo e di enogastronomia. Si possono fare strade, ponti, case, alberghi sul mare, box interrati, sottotetti, stalle, adeguamenti di ogni tipo, ristrutturare piazze, realizzare piazze, fare tunnel, ascensori nei costoni, manufatti temporanei, pontili, piscine, gazebo, sushi bar, bar dovunque. Certo, non si può fare tutto. Ma perché dobbiamo finire per forza come Caivano? A cosa si anela? Ad un’autodeterminazione normativa? Alla possibilità di non mettere in mezzo la già inutile Sovrintendenza? A case per tutti, magari in centro o nei posti migliori di questa città?
Non pretendo di avere ragione, ma propongo all’assessore l’apertura di un dibattito, o un convegno sullo stato dell’edilizia a Vico, sulle reali misure del disagio abitativo, sulla necessità di introdurre qualità e non quantità.

geomario ha detto...

Come l'esperienza ci insegna più si vincola il territorio e più i cittadini si sentono "leggittimati" a non rispettare tali vincoli. L'esempio lampante e la Zona Territoriale 8, la cui individuazione è stata del tutto errata su cartografie e dir poco non aggiornate ed il risultato non è nientaltro che migliaia di istanze di condono non evadibili ed una miriade di baracche che un amico definì "edilizia spontanea. uno spettacolo insomma... Non sono ne un urbanista ne un politico ma credo che popolazione vicana non chiede nuovi piani di fabbricazione ma una legislazione chiara che tenga conto delle reali esigenze, delle reali abitazioni e non sia lo strumento del NO, e mi permetta... non solo solo chiacchere da bar. Tornando al PTCP la prima stesura è praticamente una rivisitazione del PUT con qualche vincolo in più. Un piano fatto sulla carta, che di programmatico non ha proprio nulla e che si candita ed essere un'altro vincolo da baipassare con un altro condono, nato ovviamente per fare cassa.