sabato 26 luglio 2014

Le occasioni perdute della Campania

Punta Gradelle
Fonte: Giuseppe Guida da La Repubblica Napoli 

C'è una mutazione in corso nel territorio regionale. E non è una mutazione positiva o razionale. Soprattutto è il disfacimento territoriale di un Sud "scomparso dall'agenda politica", come ha ribadito giorni fa Raffaele Cantone. Una mutazione terminale. La trita metafora della "polpa" e dell'"osso", che ben ha rappresentato l'assetto territoriale ed economico della Campania fino agli anni '90, appare sostituita da una nuova dicotomia. Una nuova dicotomia, più aderente alle sempre più critiche condizioni regionali, prive di orizzonti politici sensati e di attori pubblici o privati interessati ad impegnarsi, investendo (e rischiando) energie e risorse economiche, in tal senso. La nuova dicotomia è la rappresentazione di una regione che tutti gli indicatori danno in declino e che, soprattutto, sta erodendo, con metodologie tipicamente parassitarie, le stesse risorse territoriali sulle quali dovrebbe fare leva il proprio rilancio. La prima di queste due polarizzazioni geografiche è la grande piana agricola campana, dove ricadono, da ovest verso est, il litorale domitio, il giuglianese, l'agro aversano, la conurbazione atellana, il nolano, oggi in parte chiamata incongruamente "terra dei fuochi". Si tratta di un territorio vasto e molteplice, un tempo foriero di crescita economica e baricentrico in un oramai improbabile asse di sviluppo Roma-Napoli (Rona, per utilizzare un acronimo in uso tempo fa). A partire dagli anni Novanta, l'assenza di politiche in grado di tracciare scenari di sviluppo, ha fatto spazio ad azioni e interventi scoordinati e buoni solamente ad attivare una spesa pubblica frammentata e scarsamente incidente. Un esempio chiaro e imperituro di modalità predatorie dell'utilizzo del territorio sono stati gli interventi infrastrutturali attuati in queste aree. Realizzazioni come l'Asse Mediano, i "raddoppi", l'Asse di supporto, con i loro tracciati incoerenti rispetto ad un'urbanizzazione diffusa che in pochi anni li ha inviluppati, trasformandoli in strade suburbane, con piazzole sature di rifiuti e nei cui svincoli si concentrano degrado, commercio abusivo, delinquenza, fuochi, prostituzione. È venuta meno la visione di possibilità alternative, principalmente per l'agricoltura.
 
Il secondo punto è l'area costiera, giacimento di risorse paesaggistiche e culturali fortemente attrattivo per il turismo, anche di qualità. Nonostante i vincoli paesistici ed urbanistici e la maggiore difficoltà nel depredarlo, a differenza della grande piana tra Napoli e Caserta, negli ultimi decenni si è comunque trovato il modo di saccheggiarne le risorse, utilizzando anche le politiche pubbliche, soprattutto regionali. L'arco costiero vesuviano è definitivamente compromesso da almeno venti anni, mentre la Penisola Sorrentina e parte del Cilento, ad esempio, sono i bersagli preferiti di una rapace speculazione edilizia, dall'abusivismo in attesa di condono, dell'edilizia legale resa possibile dalla normative regionali e comunali e da un sostanziale disinteresse verso gli aspetti della tutela e della valorizzazione del territorio e del turismo. I recenti dati di Legambiente tracciano, per quanto riguarda il mare, un quadro nel quale almeno due terzi dei punti monitorati evidenziano la presenza di scarichi non trattati e di una quantità batterica tipica di un bacino portuale mercantile, non certo di un'area che si dovrebbe caratterizzare per le eccellenze ambientali e l'economia turistica. Il depuratore di Cuma non fornisce dati certi su cosa e come lo depura, quello del Sarno depura meno di un terzo della melma che lo invade, quello di Punta Gradelle in Penisola Sorrentina è in fase di realizzazione da circa vent'anni ed ora che è quasi ultimato è fermo in attesa di non si sa che cosa. Si potrebbe pensare che il depauperamento definitivo delle due grandi aree della Campania, sia il punto d'arrivo, l'apice, di un disastro oramai di rilevanza nazionale. Ma forse no. Il vero disastro è che non si intravede un approccio solutivo, in grado di mappare, ricucire e "riciclare" i materiali compromessi del paesaggio. Ed in questo senso in Campania ci sono strutture, tecnologie e competenza. L'incidenza delle politiche regionali su questo, come su altri temi, è ormai sparita. Così come sparita è la Provincia, mentre i discorsi sulla Città metropolitana, baricentrica rispetto a questi due territori, vertono su spartizioni tra sindaci e consiglieri metropolitani, su programmi generici e slegati dalla pianificazione territoriale.

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