giovedì 23 giugno 2016

La nuova App Peeple

di Filomena Baratto

Vico Equense - Ho letto che è in discussione una nuova App (applicazione) smartphone per recensire le persone come fossero alberghi, o ristoranti o auto o che ne so. L’idea è di due canadesi, Julia Cordray e Nicole McCullough, che hanno lavorato per quasi due d’anni all’applicazione che può esprimere un parere positivo, negativo o neutro sulle persone, così come prima, appena ideata, dava un voto da uno a cinque. Ma veramente crediamo che siano sorpassate tutte quelle cose che si facevano una volta? Conoscere le persone, individuarne i pregi, capire cosa avevano di speciale, scoprire poco a poco le sfumature del loro carattere, socializzare… Premettendo che se si passa il tempo a recensire tutto quello che ci gira intorno, ce ne resta ben poco per vivere, quindi se giudico le persone, non le posso conoscere, giudicare è il contrario di incontrare. Mi rifiuto di pensare che mentre mi avvicino a qualcuno con in mano uno smartphone, questi solo col mio numero di cellulare, possa giudicarmi. Ero rimasta all’enneagramma, il test sulla personalità che descrive nove tipi di persone di cui tiene conto lo psicologo per analizzare i pazienti e su cui si formulano anche vari test aziendali. E già questo produce degli schemi da cui non si esce. Giudicare è l’attività più antica del mondo, motivo per cui piace tanto il pettegolezzo, ma farne una sorta di gioco e magari farlo in modo compulsivo, la renderà anche patologica.
 
La tecnologia ci ha abituati proprio alla compulsività per la quale si intende un atto che non si può fermare, che continua in modo automatico. I risultati avuti su di una persona poi si vogliono discutere e poi manifestarli e dopo condividerli. Tutto senza conoscenza, solo attraverso la tecnologia che ci aiuta a definire, a fare un quadro, a darci delle proiezioni. Così mentre mi sforzo di socializzare su fb, poi vengo bloccata per via dello smartphone, che dà le mie referenze anche a mo’ di gioco, quelle stesse che poi magari voglio condividere proprio qui discutendone con gli altri. Questo contenitore, da semplice possibilità di manifestare quello che pensiamo, luogo per socializzare, è diventata l’arena pubblica dove si dice tutto ciò che accade, dove è molto facile stare dietro a una tastiera e spingere con le parole, rafforzare i toni, stare lì a sottolineare, a cavillare, a trollare, a insistere a volte biecamente. E’ questo un modo vigliacco di agire che riduce di molto la nostra intelligenza e, invece di avvicinarci, ci allontana. Diventeremo tante isole a debita distanza temendo i giudizi e le offese degli altri. Giudicare le persone non è mai positivo, rasenta sempre la cattiveria e lo facciamo per indebolire l’altro e poter esercitare un potere su di lui. Una volta resisi conto di come un gioco e in suo nome è stato invece creato qualcosa di pericoloso, si è corso ai ripari, vietando l’app ai minori di 21 anni, come se giudicare fosse vietato a diciotto e possibile a ventuno, dandone una spiegazione di tempo e non di etica. Ogni qualvolta diamo un giudizio, lo dobbiamo fare con un unico obiettivo: per il bene dell’altro. Ove ci fosse un motivo diverso, asteniamoci, non è necessario. Se giudicare significa distruggere, colpire, denigrare, equivale ad una dichiarazione di guerra con tutte le conseguenze che ne derivano. Giudicare stride con il nostro essere cristiano. Siamo cristiani praticanti e giudici inflessibili, una realtà in collisione. Il giudicare l’altro chiudendolo in schemi, creandogli una prigione, è qualcosa di molto serio e non un semplice gioco. Si può giudicare un oggetto, un luogo, un modo di fare, ma una persona, per quanto possa essere anche negativa, non bisogna mai giudicarla, un’attività che non ha nessuna umanità. Le persone cambiano perché è la vita che lo chiede, per cui giudicare significa bloccare il loro processo di crescita e ciascuno attraversa sempre tante difficoltà, anche quando fuori non dimostra le sue pene. Giudicare può solo innescare lo stesso meccanismo anche nell’altro, facendolo reagire allo stesso modo, e si finisce di essere trattati alla stessa stregua delle macchine, arrivando a oggettivare gli stessi giudizi. Dove finirà lo scoprire una persona un po’ per volta? Capirla fino in fondo senza fermarsi all’apparenza? Che valore avranno i sentimenti che già sul nascere si formuleranno su un valore freddo di un’applicazione qualsiasi del nostro telefono? E chissà che con le maschere continue che si vengono a formare non si crei una multi personalità sovrapposta a quella reale, tante volte quanti sono i profili che ci fanno. Finiremo per non riconoscerci più.

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