sabato 8 ottobre 2016

La scrittrice Filomena Baratto: “Leggo la Ferrante e mi sta bene il mistero, amo la sua scrittura non mi interessa il suo conto in banca o le trovate pubblicitarie!”

Il caso di Elena Ferrante, la cui identità sarebbe stata svelata da un'inchiesta del Sole 24 Ore, ha tenuto banco per tutta la settimana 

Vico Equense - Dopo tanti sospetti sull’identità di Elena Ferrante, raffronti stilistici, analisi quantitative, piste biografiche, un’inchiesta di Claudio Gatti, pubblicata domenica scorsa sul «Sole 24 Ore», ha analizzato la contabilità di Anita Raja, moglie dello scrittore Domenico Starnone, registrando un picco di incassi in coincidenza con l’uscita dei fortunati romanzi della serie dell’Amica geniale. “Eravamo abituati a operazioni del genere solo in casi gravi, come per malavitosi o mafiosi. Adesso cosa cambia una volta svelata l’identita? Il volto chiarisce lo scritto? Vogliamo sapere chi è per farle il terzo grado o magari capire la genesi della sua motivazione o dello sviluppo delle sue meningi per arrivare a questa saga? Ne vogliamo studiare anche la struttura cerebrale cercandone il tipo di sinapsi e semmai quella responsabile di aver creato cotanto lavoro? Ma cosa cambia?” La scrittrice Filomena Baratto, commenta così l'ultimo atto della querelle sulla vera identità celata dietro lo pseudonimo 'Elena Ferrante' con cui sono stati firmati negli ultimi anni numerosi successi editoriali dalla casa editrice e/o. “Se non avesse avuto successo – continua la Baratto - nessuno si sarebbe preso la briga di scoprire niente. Scrivere senza apparire è una vera fortuna. Lei non ha bisogno della pubblicità, semmai la pubblicità cerca lei. Sicuramente sarà avvantaggiata, sicuramente avrà avuto mezzi e possibilità. Siamo sinceri, non le si perdona il grande successo, diventato oggetto di discussione tra i suoi detrattori. Così come dà fastidio il suo talento, la sua bravura, il merito. Lei non ha bisogno di pubblicità e questo non la uniforma agli altri.”


Nella notte di martedì 4 ottobre, un tweet firmato da Anita Raja sembrava chiudere la vicenda con un’ammissione («Lo confermo. Sono Elena Ferrante»), ma si trattava di un falso. “Chi ha letto la Ferrante – continua la Baratto - se ne frega della sua identità, un buon libro è di chi lo legge, Proust aveva ragione, e i suoi scritti sono originali, catturano, ipnotizzano. Da noi vige sempre il pregiudizio e definiamo un libro in base a chi l’ha scritto, perché l’ha scritto, cosa nasconde, da dove viene, chi conosce, è amica di chi, come ha pubblicato e via così. Azzerando questo lavoro mentale sembra quasi impossibile dedicarsi al libro per quello che è. Non siamo veri lettori ma solo delle persone con grandi pregiudizi. Che poi - aggiunge la scrittrice Baratto - anche questa sia o possa essere una trovata pubblicitaria, il risultato non cambia. Siamo grati a chi scrive per quello che ci dà e lo dico da lettrice. Quando ci immergiamo nei suoi libri siamo catapultati in un contesto dove siamo protagonisti e le nostre emozioni prendono il sopravvento con un posto in prima fila. Tutto il resto non conta. Hillary Clinton, anche in campagna elettorale, legge i libri di Elena Ferrante perché ama le buone letture. Dovremmo andarne orgogliosi. Leggo la Ferrante e mi sta bene il mistero, amo la sua scrittura non mi interessa il suo conto in banca o le trovate pubblicitarie! Se non avrà svelato la sua identità un motivo ci sarà e non posso denigrarla dicendo che è una mancanza di educazione. Il rapporto tra scrittori e lettori non per forza deve svelare tutto, basta il messaggio”, conclude la scrittrice Filomena Baratto.

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