sabato 12 novembre 2016

Cos’è un ricordo?

di Filomena Baratto

Vico Equense - Per Proust è “una grazia” poter richiamare il passato, rivisitarlo e trasformarlo con l’esperienza di oggi. Lo stesso fatto, però, non ha uguale valore per tutti, ognuno avrà la sua versione in base alle emozioni ricevute, alla partecipazione avuta e a quello che ha significato personalmente. Spesso accade che i nostri ricordi coincidano con quelli degli altri. Mio padre, per esempio, ha scoperto che quello che riferisco del passato, soprattutto episodi di quando ero piccola, rispecchia quello che ricorda anche lui. Così, quello che poteva sembrare frutto della mia fantasia, aderisce perfettamente al ricordo. E’ rimasto meravigliato dalla mia memoria. Gli descrivo perfettamente i suoi amici di un tempo con particolari che possono sfuggirgli ma non a me, così come le parole dette, i gesti, le smorfie, le espressioni. Il mio ricordo collima perfettamente col suo, cambiano le sensazioni, ma resta l’oggettività del fatto. Quello che noto, però, quando abbiamo un ricordo in comune con gli altri, è che ciascuno tende a dire la sua versione dei fatti, soprattutto se le situazioni non sono piacevoli e avremmo fatto meglio a evitare di tuffarci nel passato. C’è un passo bellissimo tratto da “Il vegliardo” di Italo Svevo, dove il vecchio vede una giovinetta attraversare la strada proprio davanti alla sua macchina e afferma: “Ficcai gli occhi nel passato col vivo desiderio di trovarcela!” Quello fu un pretesto, e nel passato trovò la figlia del vecchio Dondi, quella giovinetta gli portava una ventata di freschezza ma dovette convenire con Augusta che a quel tempo doveva avere anche lei la sua stessa età. Il ricordo può deformarsi, cambiare situazione, valore. Lentamente lo reinterpretiamo e cambia man mano che “cresciamo”.
 
Il vegliardo afferma:”Il tempo fa le sue devastazioni con ordine sicuro e crudele, poi si allontana in una processione sempre ordinata di giorni, di mesi di anni, ma quando è lontano tanto da sottrarsi alla nostra vista, scompone i suoi ranghi: ogni giorno cerca il suo posto in qualche altro giorno e ogni giorno in qualche altro anno”. Molto spesso non fa piacere condividere i ricordi con gli altri, quello che vorremmo solo per noi. E allora cominciamo col dire che l’altro non ricorda bene, non è andata proprio così, che forse sta fantasticando sul ricordo. La fantasia, secondo Pirandello, è strettamente legata alla realtà e quello che a noi sembra avulso da ogni contesto non è altro che un’esperienza elevata a potenza su cui si costruisce. La fantasia è più radicata alla realtà di quanto si possa credere. Col tempo cambiamo e diamo a quel determinato episodio passato un valore nuovo, ricordandolo in modo critico ma anche affettuoso, chiaro, un momento unico. Ricordare mio nonno che si arrabbiava per avergli rotto il decilitro dal banco del vino o mia nonna che mi portava su per i monti da cui vedevo panorami mozzafiato, sono scene che mi riportano l’emozione di un tempo. Ricordiamo quando ci emozioniamo, quando siamo felici, quando accade qualcosa che cambia completamente la nostra vita. Il ricordo produce poesia in noi, quando abbiamo nella mente la scena ma è tutto finito, un sogno del passato. A volte incontrandoci nei ricordi possiamo avere un puzzle della situazione reale mettendo ciascuno il suo tassello. Ma non tutti amano albergare nei ricordi degli altri, ci si sente usurpati, come se la vita passata fosse uno scorrere personale e il ricordo solo individuale. Ci sono più litigi nei ricordi che nel presente. Ciascuno avalla una tesi, magari un pregiudizio e non una verità oggettiva. Quando parlo a mio padre dei personaggi del passati e gli racconto dei difetti e dei pregi, parole e fatti, racconti di una vita che mi sono rimasti in mente per qualche motivo ben preciso, lui ammutolisce. Si meraviglia della mia memoria ed io gli rispondo di chiamarmi pure Pica, se vuole, sì, Della Mirandola. Io ricordo le sensazioni, le emozioni, i profumi delle persone, le smorfie, le parole, gli atteggiamenti. Una volta, da bambina mio padre mi portò in clinica per un attacco di appendicite, secondo la diagnosi dei presenti. In macchina con mio padre stavo benissimo, arrivata sul lettino il medico disse che ero sana come un pesce e tornammo a casa. Tutta quella scena fu inconsapevolmente costruita per restare sola con lui senza interferenze come accadeva sempre. Non facemmo che un giretto in macchina, io affacciata al finestrino e lui che mi prendeva in giro per stare bene, mentre avevo spaventato tutti. Ma ricordo il mio stato interiore : ero felice. Quando nonna mi vide, finalmente si rassicurò, e mio padre mi canzonò. Nessuno si accorse del mio bisogno, era più importante la paura che l’aver escogitato un piano per stare con mio padre. l ricordo sgomitola la nostra psiche e ci fa leggere l’insondabile. Crescendo ho capito il vero significato di quello che accadde allora, attribuendogli un valore per me importante: mi ha fatto riconoscere lo stare bene e la forza che ci vuole per ottenere le cose che amiamo. Mio padre ricorda il tempo che perse avendo chiesto un permesso al lavoro, mia nonna, tramortita, dovette risposarsi, gli altri quasi non mi guardarono visto che non avevo niente. La conclusione fu che tutti si dispiacquero per non essere stata operata di appendicite. Quando lo racconto gli altri non sono d’accordo, si ricordano la paura, la corsa in clinica, il malessere di mia nonna. Per me che l’ho vissuto da protagonista resta che, visto che papà era sempre impegnato, l’unica cosa che lo avrebbe portato a me sarebbe stata la salute. Sì, le condizioni fisiche vengono prima di quelle psicologiche. Ci sono ricordi che non vorremmo aver vissuto, ci danno fastidio, li allontaniamo dalla mente e dal cuore e non cerchiamo nemmeno di riabilitarli, amiamo dire ”croce nera”, mai più. Ma tutto fa parte del nostro bagaglio e quello che leggiamo nei ricordi ci serve per comprendere il passato, che non è mai così lontano come sembra. Nessun ricordo è da accartocciare, tutti ci insegnano qualcosa, e vanno letti alla luce dei fatti di allora ma non nuovi occhi. Siamo tutti contaminati con le nostre azioni gli uni con gli altri e viene sempre il tempo di relazionarsi con chi non avremmo voluto. La verità è che i ricordi tra loro si incontrano e ognuno ne condivide, a sua insaputa, pezzi con altri. Il ricordo è sempre un calore, un abbraccio che giunge da lontano, è irripetibile, orma indelebile nel nostro animo. Forse nel ricordo abbiamo la forza di comprenderci e amarci di più e la sua funzione è proprio questa.

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