domenica 19 marzo 2017

L’Arciconfraternita dell’Assunta di Vico Equense

di Filomena Baratto 

Vico Equense - Qualche tempo fa ho visitato la Chiesa dell’Arciconfraternita dell’Assunta in via Mons. Natale, poco prima del Largo dei Tigli, scendendo a sinistra. Il Priore, Antonio Guida, con grande pazienza, ha fatto da Cicerone presentando tutta la struttura nei suoi aspetti architettonici e storici. La facciata è veramente deliziosa, ancor di più dopo gli ultimi lavori di ristrutturazione. Essa è situata nella parte storica della città, il cosiddetto Vescovado dove un tempo c’erano i due monumenti più importanti della città: Palazzo Giusso e la Chiesa della Santissima Annunziata. Nel Medioevo erano queste le due istituzioni, quella religiosa e pubblica, a costituire la parte viva della città e cooperavano sinergicamente. Nel X secolo le città appaiono sottratte al potere dei signori feudali e più sottomesse al potere dei vescovi che consentivano una larga partecipazione politica della comunità cittadina. Un aspetto reso possibile dal fatto che il vescovo era espressione del clero e del popolo. Entrando in chiesa si ha la piacevole sensazione di immettersi in una dimensione tra passato e presente, in uno stile settecentesco aggiornato da nuovi elementi di restauro come possono essere gli appoggi delle statue esposte tra la navata centrale e l’oratorio. La Chiesa presenta navata centrale con volta a botte.
 
L’ingresso principale affaccia su via Mons. Natale, ma ve n’è un altro più piccolo accanto che apre su un disimpegno, una sorta di anticamera da cui si può accedere al piano superiore, o inferiore, o andare nella cappella oratorio adiacente alla navata centrale. Colpisce, entrando nella chiesa, oltre alla volta, l’altare con la pala dell’Assunta del XVIII secolo e sulla sinistra, appoggiata su di una mensola di nuova costruzione, la statua lignea dell’Assunta. Sotto l’altare è posta la statua di Cristo Morto, di buona fattura appartenente alla Scuola Napoletana del XVII secolo. Ci sono poi due tele di autori ignoti del settecento: la Madonna del Carmine con il Bambino tra le anime purganti e la Madonna col Bambino tra San Michele Arcangelo e San Vincenzo. Avanzando nella navata centrale, risaltano le lapidi sepolcrali su cui si cammina, 108, che ricoprono l’intero pavimento della Chiesa. Nel settecento fu costruita anche una cappella cui si accede dal presbiterio e un disimpegno. Doveva essere un oratorio dove fu sistemato il coro, successivamente eliminato per inserirvi, invece, due altari lignei laterali. Essi portano al di sopra, sospesi da due mensole moderne, San Giuseppe a destra e Sant’Andrea Avellino a sinistra. In fondo alla parete si erge il famoso altare ligneo settecentesco impreziosito da coralli, perline e vetro, fatto ristrutturare dalla senatrice Susanna Agnelli e al di sopra dell’altare, la tela della Madonna del suffragio con le anime purganti. Accanto alla statua di Sant’Andrea Avellino, c’è poi la statua della Madonna Addolorata, che il Priore ha preservato in una teca. Entrando a sinistra c’è un’ampia sacrestia di struttura cinquecentesca a volta di stucchi. Vi si trovano numerosi arredi sacri tra cui accessori per la liturgia ma anche particolari mobili che racchiudono secoli di storia. Il restauro, in occasione del quarto centenario dalla sua fondazione (1615-2015), ha portato alla luce il recupero di oggetti preziosi di grande valore sacrale e che rappresentano il Museo dell’Arciconfraternita. Fu papa Leone XIII che elevò la Confraternita a grado di Arciconfraternita nel 1888. Essa nasce ai primi del 600 grazie ai Padri Teatini in Santa Maria del Toro. Nel 1623 si istituì anche un “Monte”, un cumulo di beni messi a disposizione per poter compiere opere di beneficenze e di pietà, che assunse poi il nome di Monte delle anime del Purgatorio e infine trasformato in Monte dei Morti. Essendo queste due istituzioni, Monte delle anime del Purgatorio e Confraternita, sotto la diretta dipendenza dei Padri Teatini, nel 1736, in seguito a una contesa, i confratelli uscirono da Santa Maria del Toro ed entrarono nella cappella del Carmine, antica Santa Maria Della Pace acquistata dal vescovo di Vico Mons. Carlo Cosenza e che prese il nome dell’Assunta. Le Confraternite sono istituzioni laiche nate a scopo di preghiera, culto e beneficenza. Sono tante quelle sorte in Penisola Sorrentina nel periodo medievale, associazioni di laici che, dopo il Concilio di Trento nel 1545, furono poste sotto il controllo dei vescovi. Un aspetto culturale e religioso di grande rilievo è l’istituzione delle processioni della settimana Santa, che avvengono anche nelle altre Congreghe della Penisola. La tradizione vuole che il Venerdì Santo una processione sfili per le strade cittadine accompagnata da canti con circa 500 partecipanti ricoperti da sai di colore viola e portando al seguito le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata. Tra i doveri da compiere, i confratelli hanno quelli prescritti per ogni buon cristiano. La storia della Confraternita dell’Assunta è lunga, ricca e articolata ed è interessante leggerla approfondendo aspetti di gestione e di problematiche incontrate nel tempo come può essere la questione dei morti seppelliti al suo interno o come la gestione affidata ai vari ordini religiosi che nel tempo si sono avvicendati. Leggere la storia della Congrega immette direttamente nella vita passata, dove ci sono personalità, eventi e fatti le cui tracce si ritrovano ancora oggi. Affascinanti le spiegazioni, la lettura dei documenti, la storia delle varie sue parti, il fervore dei suoi confratelli nel mantenere vive le tradizioni e i doveri cui sono chiamati. Un pezzo di storia che andrebbe riscoperto, non solo, ma raccontato anche alle giovani generazioni per non far perdere il gusto di approfondire le proprie radici e di riscoprire la storia del proprio luogo.

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