domenica 19 marzo 2017

Sicurezza, i sindaci «Noi, mai sceriffi». Ma il decreto divide

A Salerno riuniti i giovani amministratori De Magistris: più obblighi ma meno poteri 

Fonte: Giovanna Di Giorgio da Il Mattino 

Salerno - Che li si guardi come «il terminale più esposto della Repubblica» o come «la parte più sfigata della casta», il fatto certo è che i sindaci d'Italia non ci stanno a essere chiamati «sceriffi». E la due giorni dell'ottava assemblea nazionale Anci giovani, a Salerno, è il posto giusto per gli amministratori locali per interrogarsi sul tema. Già, perché a due giorni dall'approvazione alla Camera, il decreto che il ministero dell'Interno ha scritto proprio con l'Anci è l'argomento che attira su dise gran parte dell'attenzione. Richiamando i commenti anche di chi nella città campana non c'era. Su certi temi, ribadiscono le fasce tricolore, «i cittadini sono pronti a venirci a chiamare anche sotto casa». Eppure, il termine sceriffo pare non piaccia proprio. «La polemica sui cosiddetti sindaci sceriffi e sui poteri previsti dal decreto sicurezza è strumentale e infondata: ritorna ogni volta che si tentano soluzioni concrete per salvaguardare la sicurezza delle città, delle comunità, delle persone». È perentorio Enzo Bianco, sindaco di Catania e presidente del Consiglio nazionale dell'Anci. Che spiega: «Prima da presidente dell'Anci, poi da ministro dell'Interno, ho reclamato poteri che, senza alcuna pretesa di supplenza verso le forze dell'ordine e lo Stato, ai quali il compito spetta in prima battuta, consentissero ai sindaci di intervenire con efficacia sulle situazioni di illegalità diffusa, aggressiva e reiterata. Oggi - continua - di nuovo da sindaco di Catania, assieme al presidente Anci Decaro e ai colleghi primi cittadini, ho chiesto che quei poteri entrassero in un provvedimento di legge organico».
 
E, tuttavia, quanto fatto non basta: «Penso che si possa fare di più. Un sentimento - sottolinea il presidente del CnAnci - che accomuna i sindaci e le amministrazioni di ogni colore politico». Il punto su cui Bianco insiste riguarda gli effetti concreti del decreto: «Non ci sarà alcuna caccia all'uomo, tantomeno verso poveri e disagiati. Al contrario, quei poteri e quei provvedimenti serviranno a tutelare soprattutto le fasce più deboli della popolazione, quelle che non hanno strumenti e forza per difendersi da illegalità aggressiva e reiterata. Chi deturpa gravemente un monumento, chi minaccia ed estorce un pagamento per un parcheggio abusivo non è un disagiato - rimarca - ma un delinquente». Il rifiuto dell'epiteto sceriffo arriva anche dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, vicepresidente dell'Anci e delegato proprio a sicurezza e legalità: «I sindaci hanno sempre rivendicato un ruolo nel comitato provinciale per à ordine e la sicurezza pubblica, ma ho l'impressione che ci stanno affidando responsabilità senza darci il potere». E ancora: «Bisogna fare molta attenzione a vedere questo decreto come uno strumento per i sindaci-sceriffo. Io ho conosciuto la figura del sindaco come mediatore sociale». Concetti rafforzati dal sindaco di Napoli in un secondo momento: «Ho il timore che da parte del Governo ci sia il tentativo di scaricare sui sindaci il tema della sicurezza anche m vista della campagna elettorale. L'ordine pubblico e la sicurezza li devono garantire il Governo e il ministero dell'Interno». Sul tema, a Salerno, si sofferma anche Antonio Decaro: «Noi sindaci non abbiamo mai chiesto di fare gli sceriffi, non vogliamo essere come il sindaco di NewYork che gestisce le forze dell'ordine». Quanto al Daspo, Decaro sottolinea che «i sindaci non possono firmare nessun Daspo, abbiamo solo la possibilità di individuare delle aree sensibili all'interno delle quali se viene reiterato un atto illecito come lo spaccio, la vendita abusiva di prodotti contraffatti o il fenomeno di parcheggio abusivo, le forze dell'ordine possono allontanare le persone che commettono l'atto illecito». A Salemo, in una due giorni che ha fatto registrare oltre 700 iscritti, si parla anche di altro. A iniziare dalle cifre della presenza giovanile nelle amministrazioni. I dati dicono che i numeri della partecipazione degli under 35 alla vita pubblica, relativamente agli ultimi quindici anni, non aumentano. Mentre aumentano i dati della partecipazione degli over 60. Per contro, emerge tra i giovani amministratori un equilibrio di genere, con uomini e donne a tenersi testa. E aumenta anche il numero dei giovani che amministra grandi città, come Roma, Torino, Perugia, Reggio Calabria.

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