lunedì 10 aprile 2017

Come vivere ai tempi del terrore

Egitto
Fonte: Paolo Graldi da Il Mattino

Il pendolo del terrore si è fermato due volte, a Tanta e ad Alessandria, in Egitto per vomitare il suo carico di morte sui fedeli della chiesa copta. Gente raccolta in preghiera per la domenica della Palme, facile bersaglio: almeno 45 morti L'urlo velenoso dell’ Isis rivendica quel fiume di sangue. » Quella voce pone la firma del Califfo quasi su ogni attacco accogliendo «martiri» e soldati tra le proprie ali. Si compone così una mappa del terrore a largo raggio che aggiunge a macchia di leopardo i segni sanguinali di una strategia che incita ad usare qualsiasi mezzo, ovunque e comunque, pur di colpire i miscredenti. I responsabili, dicono le investigazioni, sono naturalizzati nei luoghi dove si muovono per colpire: conoscono i luoghi, le abitudini, agiscono di sorpresa, qualche volta sono già inseriti nelle liste dei sospettati ma non lo sono abbastanza per essere fermati. Hanno famiglia, spesso, moglie e figli e altrettanto di frequente hanno maturato esperienze come miliziani combattenti sui fronti di guerra in Iraq, Afghanistan, Siria. Dopo gli attacchi armati in Francia, iniziati con la strage del Bataclan, primo sconvolgente choc per un assalto armato tra la gente, e le bombe dei kamikaze all'aeroporto di Bruxelles, il terrore si è dispiegato m una formula ancora più subdola e micidiale, l'attacco con i camion puntati contro persone inermi che passeggiano.
 
Ed ecco Nizza la notte della festa della presa della Bastiglia, Berlino al mercatino di Natale, Londra, nel luogo che s'immagina più protetto e invulnerabile, il Parlamento britannico. Decine di morti che si sommano al diffondersi di una paura impalpabile, alla quale nessuno dice di voler cedere ma che, lentamente, sottilmente cambiale abitudini di ciascuno, ci rende guardinghi, sospettosi. A Oslo l'altra sera l'occhio lungo di un cittadino disvela la presenza di un ordigno pronto a esplodere e si fa in tempo a renderlo inoffensivo; a Stoccolma tre giorni fa quell'uzbeco radicalizzato alla jihad, padre di quattro figli lasciati alla deriva, fanatico ma considerato non pericoloso, ha rubato un Tir e lo ha scaraventato contro un supermercato dopo una folle corsa per falciare più gente impegnata nello shopping. Il puzzle degli episodi va ingigantendosi e anche le nostre autorità, pur vantando orgogliosamente l'efficienza dei servizi di intelligence e di quelli sulla sicurezza, segnalano la «grande imprevedibilità» di questi eventi. Ci è andata bene, non per semplice fortuna ma per bravura, e tuttavia i colpi di questa guerra asimmetrica potrebbero arrivarci in casa da un momento all'altro nonostante le misure sempre più avvolgenti e complesse. «Intelligence, prevenzione e controllo del territorio», spiega il ministro dell'Interno Marco Minniti, rappresentano le tre direzioni fondamentali sulle quali si muovono i nostri apparati. La mancata integrazione di soggetti che potrebbero aumentare di numero e assorbire anche i foreign fighter rifluiti dalla Siria dove il Califfato subisce colpi su colpi, rappresenta oggi il pericolo di maggiore intensità al quale far fronte. Prende corpo, magari con qualche esagerazione, che i paradisi incontaminati, protetti da alte barriere e comunque non segnati nella mappa di sangue, non esistono più. Si fa strada la consapevolezza che il nostro vivere quotidiano deve prevedere accortezze, accorgimenti, attenzioni neppure immaginati fino a poco tempo fa . Anche nei discorsi che di solito seguono gli eventi luttuosi ci si accorge che ciascuno, in proprio, seguendo il buon senso se non altro, tende a piegare le proprie abitudini ad un concetto di attenzione più vasto. Si ragiona sulla opportunità di frequentare luoghi affollati, si è attenti ai veicoli che circolano e alle manovre che compiono, si diventa guardinghi verso oggetti abbandonati, peggio se pacchi, zainetti, valige. La paura è qualcosa di sottile come una polvere che produce un atteggiamento reattivo e collaborativo. Il «non sono affari miei» si spegne davanti al bisogno percepito di avvertire le forze dell'ordine, facendosi coraggio per il timore di non aver visto giusto e creato agitazione senza motivo. La nostra vita, inevitabilmente, risente di una cappa nella quale si muovono molte implicazioni e che deve essere tenuta ben salda e lucida per non sconfinare nella caccia alle streghe, nel panico ingiustificato, nei luoghi comuni. Tanti piccoli 11 settembre, il maledetto giorno delle Torri Gemelle di New York (2001), hanno scavato nell'immaginario collettivo fino a configurare una nuova psicologia di massa che rifiuta la paura e l'imposizione a modificare le proprie abitudini ma che, nel contempo, vive una insicurezza latente, subdola, sfiancante. È chiaro che la strategia complessiva contro le macchie di leopardo del terrore va cambiata: il governo con la legge Minniti, che segna un cambio di passo deciso e determinato mette in moto un'azione dapprima soltanto declamata, la quale comprende una risposta severa verso chi razzola male e merita una immediata espulsione o chi nelle carceri cova, come è accaduto, propositi di vendetta verso la società che lo ha accolto. È il caso di quel giovane immigrato a Milano, imbottito di droga ed alcol ed armato di coltello pericolosamente scagliatesi contro i passanti e fermato da agenti delle "volanti" con il minimo di danno. È lecito chiedersi se i nuovi scenari ci vedono adeguatamente attrezzati in termini i di uomini e mezzi, posti come elementi fondanti di una emergenza alla quale purtroppo non si può sfuggire. Se servono più mezzi il governo dovrà farsene carico con determinazione affidando il compito della sicurezza diffusa ai poteri locali, come si sta facendo, ma anche ripensando l'esatta misura da adottare per cogliere l'obiettivo di non alimentare la paura e però anche di aumentare concretamente le barriere di protezione, fisiche e non solo. I tempi sono maturi per mostrare l'orgoglio che ci rassicura senza dimenticare che la nostra vulnerabilità resta comunque altissima. Se il nemico è ad alta imprevedibilità è necessario arrivare un attimo prima che ci colpisca.

Nessun commento: