lunedì 10 aprile 2017

Dentro la notizia

di Filomena Baratto 

Vico Equense - Leggendo sul web, per caso, una notizia di un fatto accaduto diversi anni fa, di cui sono ben informata, mi rendo conto di quanto l’attività di giornalista, a volte, sia fatta in modo superficiale e approssimativo. Chi scrive, talvolta, si preoccupa solo di buttare la notizia in pasto al lettore, con la presunzione di aver fatto bene il proprio lavoro. Così molto spesso non si dice il vero, anzi, là dove mancano approfondimenti, ci si ricama su. Si finisce per confondere le idee e chi legge si disorienta per non sapere più dov’è la verità. Mentre leggevo l’articolo in questione, non sapevo se sorridere, scherzarci su o arrabbiarmi per come solo pochi elementi corrispondessero al vero. Mi chiedo se, questa persona che scrive, si sia mai messa nei panni degli altri, o se invece, credendo di detenere una sorta di potere, abbia mai pensato che possa accadere anche a lei di diventare l’argomento di un articolo giornalistico ed essere trattata alla stessa stregua di come ha scritto di altri. A quel punto potrebbe conoscere i fatti della sua vita attraverso interpretazioni varie fatte da colleghi, senza poter far nulla per cambiare ciò che è stato distorto. Quello che manca, forse, al giornalista in genere, ma non a quello di razza, è l’umiltà e il controllare sempre la veridicità dei fatti che scrive. E anche chi conosce bene il suo mestiere, talvolta, si lascia andare a previsioni, ironie, sarcasmi, battute. L’oggettività è cosa imprescindibile e si devono lasciare da parte considerazioni personali o critiche.
 
La notizia di cronaca è la più succulenta e scriverne è più facile, costa poca fatica, basta attenersi al sentito dire in modo approssimativo. In questo modo si diventa più uno scribacchino che un giornalista. Quando si scrive, bisognerebbe farlo in punta di piedi, senza infierire, usando intelligenza ed etica senza trattare la notizia in modo troppo personale, né troppo distaccato. Chi scrive conosce solo un fatto di cui parlare e non tutta la vita della persona in questione e, anche se la conoscesse, dovrebbe averne rispetto. Scrivere una notizia è prima ancora interpretare i fatti con chiarezza. Molti fondano il giornalismo sullo scoop e sul pettegolezzo, come se dovessero abbeverare la gente di sciocchezze, ben sapendo che scrivere con cognizione di causa è molto difficile, dovendo penetrare nella storia, capire e farne un resoconto. Il tempismo, per un giornalista, non deve essere motivo di approssimazione, credendo di essere ripagato dal fornire quell’informazione per primo. Una notizia data in tempo utile ma che non corrisponda al vero, è preferibile non darla. Sarebbe stato meglio darla più tardi ma completa, confutata, appresa in forma corretta. A molti giornalisti manca la deontologia dell’informazione, quel trasmettere un fatto in modo oggettivo e professionale. Molti, pur avendo questa consapevolezza, agiscono solo in nome della libertà d’espressione causando più danni che utilità. Leggendo quella notizia a distanza di anni, mi sembra tutto così surreale, travisato, per niente relativo ai fatti accaduti. Si sente in quello scritto l’eco di una faciloneria come se chi scrive stesse raccontando un fatto paranormale o lontano da sé, come se si fosse consumato su di un altro pianeta. La giornalista descrive il tutto con eccessiva enfasi in un flusso abbondante di parole, anche troppe per uno stile giornalistico, travisando le notizie e per ben due volte dice cose non vere, dettagli sbagliati e non da ultimo trae conclusioni personali. Se lei sapesse come realmente sono andati i fatti, da sola capirebbe quanto è stata fallace e distorta nell’eludere l’attendibilità della fonte. Visto che quest’incongruenza capita di vederla ora, quando i fatti si sono consumati, la storia non ha più il suo peso, ogni reazione di sorta non conta più nulla, resta solo l’incapacità della giornalista nel trattare la notizia, per dire che tutto evapora tranne l’inaffidabilità di chi ha scritto. Forse manca al giornalista un’anima letteraria così come al letterato un’anima di sintesi per essere giornalista. Eppure sarebbe auspicabile che i due ruoli si confondessero per avere un giornalista con maggiore anima e un letterato più partecipe alla vita reale. Molti sono i casi di letterati votati al giornalismo così come giornalisti prendono la strada della letteratura ed entrambi non sicuramente per denaro ma per ampliare i loro orizzonti e farli confluire nei loro scritti. A questo proposito aveva ragione Montale quando diceva che “il giornalismo sta alla letteratura, come la riproduzione all’amore”. Quello che attira uno scrittore a scrivere è “una fatale attrazione per la vita vivificandola ogni giorno” a detta di Calvino. Flaiano definiva i giornalisti dei cuochi che si aggirano tra pentole e fornelli. Lo scrivere è un’arte difficile, da qualsiasi parte lo si veda, quando si mette penna su carta, bisogna stare attenti a raccogliere in quello scritto la nuda notizia che deve rimbalzare come la sola protagonista. Ma spesso accade che “i giornalisti sono, per via del loro mestiere, degli allarmisti; è il loro modo di rendersi interessanti", come affermava Arthur Schopenhauer.

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