lunedì 12 giugno 2017

Quel che resta del G7

di Filomena Baratto

Vico Equense - Adesso che Taormina ha chiuso le porte e sul G7 è calato il sipario, si ha un’idea molto più chiara di quello che è stato l’incontro in Sicilia. A vedere i Capi di Stato, baldanzosi, arrivare in passerella, stringere la mano a Gentiloni, padrone di casa, è stato come vedere una vignetta satirica di quelle che circolavano nei primi anni dell’Unità d’Italia, dove personaggi come Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II venivano illustrati con buoni propositi e aspetti civettuoli. Questa volta il G7 ha attirato maggiormente l’attenzione mondiale per le risposte che si attendevano da più parti ai problemi che incombono sul mondo. Non sono mancati gli aspetti sociali e culturali che manifestazioni del genere attirano immancabilmente. Il più sorridente e spensierato è stato J. Trudeau, capo di stato canadese, alla sua seconda partecipazione, disinvolto, con la giacca sulla spalla, come se fosse andato a un Mak P vecchio tipo, un po’ compagnone, un po’ fighetto, attento alla situazione. In uno dei suoi sobbalzi, mentre stringeva la mano al padrone di casa, aveva l’aria di Alberto Sordi nelle sue battute esilaranti. Emmanuel Macron, presidente francese appena eletto, era quello più consapevole di rivestire un ruolo importante, forse dovuto all’inesperienza e la voglia di imparare dai suoi colleghi. Vederlo in terrazza con Trudeau, col mare di fronte, erano due compagni di scuola a raccontarsi gli anni trascorsi insieme.
 
La Merkel è arrivata col marito in tenuta pantaloni bianchi e giacca azzurra, colore dell’Unione europea, col cipiglio di chi si preoccupa dei temi da trattare. Teresa May è sembrata quella più a disagio, venuta di fretta così come è ripartita, con un piede dentro e l’altro fuori, per le imminenti elezioni, per i risvolti della Brexit, ma pur sempre interessata all’Europa. Il premier giapponese Shinzo Abe, serio e composto, forse per non essere sotto i riflettori come i colleghi, era in prima linea per ricoprire un ruolo non minore. Per Gentiloni, Macron e May, alla loro prima partecipazione, ma perfettamente calati nel ruolo, si è opposto un Trump, che, al contrario, per essere stata la sua prima volta, era fin troppo sicuro di sé, scostante e capriccioso, rasentando spesso la maleducazione. Gentiloni si è mostrato il premier più a modo e non solo nel fare gli onori di casa, ma anche nel ruolo di mediatore, con grande controllo su tutti e tutto, compresa la politica di casa che lo ha messo a dura prova. Il Presidente degli Stati Uniti, con al seguito la bella Melania, soprannominata la Sfinge, che ostentava un benessere ai massimi livelli, dando uno schiaffo alla miseria, ha mantenuto il suo atteggiamento distaccato e di superiorità. E’ stato il più irriverente, come quando non ha messo la cuffia per ascoltare il discorso di Gentiloni, scontrandosi con i colleghi a cominciare dalla Merkel. In tutta questa Fiera della Vanità, per dirla alla W.M.Thackeray, forse l’unico che ha svolto il suo ruolo fino in fondo e con coerenza è stato proprio Gentiloni. Ha dovuto dispensare sorrisi su sorrisi senza farsi prendere dal panico, al di sopra di tutti, ottimo padrone di casa, ha modulato i toni e limitato le parole, mediato accordi e discordie anche in casa. La scena ovviamente è stata rubata dai Trump: Donald per essere sempre al centro di ogni evento o situazione, Melania per avere dalla sua una forma di divismo mai assopita sin dai tempi in cui faceva la modella. I risultati di Taormina sono stati di poca consolazione: una Merkel arrabbiata e avversa a Trump sulla questione dell’Accordo di Parigi; una May che dava l’impressione di parteggiare per Trump, dimentica ormai dei legami con l’Unione appena scaricata; il Premier Italiano che ha sostenuto così bene il ruolo affidatogli da aver dato fastidio ai suoi oppositori. Una Fiera fornita di toni aspri e sorrisi di circostanze, mentre restavano sul tavolo temi scottanti come quello del clima, dei migranti, del terrorismo, dei rapporti con l’Africa, del commercio. Un G7 di cui resta la bella location, voluta da Renzi dopo che un leader di Stato aveva affermato che la Sicilia era solo mafia. Il nostro ex Presidente del Consiglio, volendo dar prova che invece era una terra bellissima, decise, in quella sede, che la Sicilia avrebbe ospitato il G7. Anche se, tra la mafia e la bellezza del territorio non c’è alcun rapporto e la bellezza del luogo non cancella la mafia. Un errore che spesso facciamo noi abitanti di questa terra incantevole, una confusione forse voluta per smorzare i toni e che ci impedisce di essere obiettivi. Il luogo è risultato anche provocatorio, visto che, se si fossero affacciati da una terrazza più a sud di Taormina, dopo Capo delle Correnti, avrebbero visto i barconi agire indisturbati con colonie di uomini allo sbaraglio in un ping pong tra solidarietà e legalità, aiuto o repressione. Il G7 chiude e sembra non si sia mai detto nulla o che non sia servito a molto vedersi di persona visto che i cinguettii lanciati dal cielo di Twitter sono diventati determinanti ai fini delle decisioni prese dopo il G7, come se il dispendio di forze, denaro e location per confrontarsi non fosse servito a nulla. Tutto è stato in conformità con i tempi moderni, dove le cose non si dicono in faccia ma si mandano a dire attraverso i social che abbondano di cattiverie e di parole inutili. Una volta gli incontri politici erano per confrontarsi “de visu” ma oggi forse il confronto non vale quanto dirsi le cose a distanza. Funziona per noi il nostro alter ego, quello che sa essere diplomatico ma non se la tiene, quello che crede che, smorzando i toni sul campo e alzandoli altrove, sia politica. Una volta valeva una stretta di mano per siglare accordi, oggi non bastano vertici e summit che subito dopo si stravolge tutto. Ognuno, forte in casa sua, appena tornato nel suo paese, ha dato alla Stampa il suo pensiero, quello che avrebbe dovuto dire in sede. Il clima, quindi, è un problema di tutti tranne che per gli Stati Uniti, il commercio è libero ma non tanto, i migranti sono ”cosa nostra”, la Brexit mette fuori il Regno Unito, ma non lo allontana dal commercio con l’Europa. E tra un parlare troppo e un’offesa di Trump è uscito fuori anche un “bad” rivolto ai Tedeschi anche se in molti si sono affrettati a dire che la parola “cattivo” era rivolto al commercio tedesco e non ai Tedeschi. L’unica cosa buona del G7 è stata la Sfinge, Melania Trump, che ha lasciato un segno di eleganza, di bellezza, di forza, di determinazione e…di lusso vero, quello astronomico. Per il resto è tutto in divenire, visto che si è “sussurrato”. Se avessero lasciato parlare tutte le consorti e il consorte della Merkel, forse sarebbe stato un vertice più serio per contenuti e meno tattico. Si salvano Taormina, le Frecce Tricolori e Melania.

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