giovedì 20 luglio 2017

Non basta abbattere le statue - 'Na tazzulella 'e cafè

di Filomena Baratto

Vico Equense - Nel tredicesimo paragrafo del secondo libro della Storie di Tacito vengono abbattute le statue di Vitellio e inviate persone a darne l’avviso ad Antonio. Un gesto che resta indelebile all’interno della storia anche se in un contesto diverso, ma di eguale intensità emotiva così come i fatti di oggi per l’abbattimento della statua di Falcone e per il danneggiamento della stele di Livatino: lì come segno di tradimento, qui per contrastare i simboli della lotta alla mafia. Ma di questi fatti ne è piena la storia. Falcone e Borsellino, così come il giudice Livatino, vengono ammazzati per aver fatto il loro dovere. La morte non cancella il valore di questi eroi. Quelli veri, che in prima fila hanno combattuto pur sapendo di avere pochissime possibilità di farcela, che hanno messo a repentaglio la vita per lo Stato e come unico scopo: colpire la mafia. Restano, anche a distanza dalla loro morte, modelli da seguire se solo si avesse lo stesso coraggio. Per i giovani sono punti di riferimento anche dopo anni dalle stragi. Non basta buttare a terra una statua o sfregiare una stele, con tutto il dispiacere che questo gesto può provocare, interessa quello che uomini del genere hanno infuso nelle menti e negli animi: l’esempio e la voglia di intraprendere sempre la strada giusta anche se si rivela la più difficile. Abbattete pure le statue, tanto saranno ricostruite. L’Italia ha bisogno di uomini così più delle statue. Gli uomini come Falcone e Borsellino, il giudice Livatino e tutti quelli che come loro sono morti per essere scomode presenze, vivono in eterno e i loro moniti si sentono ancora tra i vivi! Abbattendo quelle statue non fate altro che permettere alle loro voci di elevarsi ancora più forti.

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