domenica 10 settembre 2017

Mercato locale o fornitori globali? Il dilemma che divide il mondo della ristorazione

Peppe Guida
Lo chef deve fare la spesa? "Una pippa mentale". "No, un obbligo morale". I pareri, opposti, del giornalista e scrittore Allan Bay e del cuoco campano Peppe Guida. Da Longino a Selecta, ecco le più importanti società che selezionano e consegnano i prodotti ai ristoranti 

Fonte: Manuela Zennaro da La Repubblica

Nella Francia della seconda metà del Seicento, il cuoco François Vatel si tolse la vita trafiggendosi con una lama, a causa di un ritardo nella fornitura del pesce. L’incidente avrebbe potuto compromettere la riuscita del pranzo al castello di Chantilly - presenti il Re Sole e il Principe di Condé - e la reputazione dello stesso Vatel. Oggi, una simile circostanza difficilmente si potrebbe verificare. Con l’evolversi della professione del cuoco, anche le attività ad essa collegate hanno conosciuto un forte sviluppo, e quella del fornitore è diventata una figura di fondamentale rilevanza. E se un tempo l’assortimento delle dispense era piuttosto limitato, oggi gli ingredienti extracomunitari hanno ottenuto il "permesso di soggiorno", introducendo nuovi linguaggi nelle cucine di tutta Italia. Ciò che non si conosce, intriga, sicché la curiosità ha assunto sembianze umane, conducendo al ristorante clienti desiderosi di “mangiare qualcosa di diverso”. L’immagine del cuoco che ogni mattina si alza di buon’ora, va a fare la spesa al mercato, tira il collo alle galline e le eviscera a mani nude, è romantica ma appartiene al passato, almeno nella maggior parte dei casi.
 
Una grave perdita, secondo alcuni, per i quali la globalizzazione sta cannibalizzando la cucina italiana, e da nord a sud gli chef interpretano i medesimi ingredienti, lavorati nello stesso modo, provenienti da un unico fornitore. Un arricchimento secondo altri, che vedono nella disponilità costante di prodotti provenienti da ogni regione e Paese una possibilità in più per gli chef. Quindi, sostengono, ben vengano le società di selezione globali come Longino, Selecta e tante altre, in grado di garantire reperibilità e costanza di approvvigionamento. A smitizzare la figura del cuoco che si aggira tra i banchi del mercato ci pensa Allan Bay, giornalista e autore di libri di cucina: “Il mercato a cui deve fare riferimento uno chef, non è altro che l’insieme dei prodotti che gli vengono offerti da grossisti più o meno bravi. Chissenefrega da dove provengono, e in quale maniera. Il chilometraggio non conta, e nemmeno il mezzo di trasporto. Importante è controllare la qualità – o meglio – il rapporto qualità - prezzo. A qualsiasi livello, il mestiere del cuoco consiste nel creare la brigata di cucina, progettare i piatti e controllare chi li prepara. Se si mettesse anche a cucinare, non sarebbe in grado di sorvegliare il lavoro dei vari ranghi. Quelli che si distraggono per andare a fare foraging, non li capisco. Sottraggono tempo allo studio, non vanno a vedere come lavorano i loro colleghi, e per cosa? Per andare a raccogliere delle erbe? Ma ci mandassero qualcuno, altrimenti significa che non hanno altro da fare! Se un cuoco può permettersi di distrarre ore dal suo mestiere, c’è qualcosa che non va nel ristorante. La critica ai fornitori nasce da un qualunquismo dilagante, è grillismo in versione gastronomica”. E il km zero? “Una pippa mentale spaventosa. Allora dovremmo anche dire ai produttori italiani di smettere di esportare”. Di opposto avviso Peppe Guida, chef patron dell’Osteria di Nonna Rosa a Vico Equense, una stella Michelin: “Per i grandi fornitori io sono un pessimo cliente. Non me ne sono mai servito, se non in qualche rara occasione. Vivo in un contesto in cui basta guardarsi attorno per attingere a prodotti di qualità, non vedo nessun motivo per farmi inviare un agnello pré salé, uguale a quello che il fornitore recapita ai ristoranti di Torino, o Milano. Io l’agnello lo trovo qui. Quando individuo un produttore valido, cerco di pagarlo un poco di più, lo premio, così sarà lui ad assicurarmi il meglio”. Chi va a fare la spesa? “Ci vado io. In cucina entra solo quello che scelgo personalmente. Acquisto il pesce a Marina di Seiano, oppure a Vico, dove arrivano i pescatori con secchi pieni di pesce. Lì seleziono il polpo, la seppia, ma anche lo scorfanetto da duecento grammi. Mi domando come certi miei colleghi possano tenere stabilmente in carta la spigola, il dentice, l’aragosta. Non ne esistono quasi più. Nella costa da Vico sino ad Amalfi, per quanto i pescatori possano restare in barca tutta la notte, al massimo riescono a prendere dieci spigole. Questo è un mare ricco di pesce azzurro, in primavera ci sono le ricciole, i tonni. In carta ho solo quello che mi offre il territorio che mi circonda, e lo stesso vale per la carne e le verdure. Ho aperto una scuola di cucina 'tendente al vegetariano’ a Montechiaro, una frazione di Vico Equense. Lì ho acquistato un casale con annessi 8.000 metri quadrati di terreno. C’è un uliveto, un agrumeto, un orto gigantesco, e una piccola vigna di Sciascinoso e Per ‘e Palummo per fare il Gragnano. Ho scelto di non avere animali, tranne le galline da uova. Attingo a quell’orto, e se non basta ci sono un paio di aziende biologiche non certificate. Sono contadini veri, lavorano con zappa, letame e acqua. Nei miei piatti non metto mai germogli, per questo qualcuno dice che sono poco rifiniti. È vero, potrei chiamare un fornitore e farmene mandare una vaschetta, ma se non li trovo io, in campagna, il piatto esce senza. I colori e i profumi cerco di estrarli dalle verdure, dagli agrumi, sono loro le mie spezie”.

1 commento:

Gabriella Rinaldi ha detto...

Esperienza, saggezza e bravura e la sua cucina parla da sè !