mercoledì 10 gennaio 2018

Valeva la pena fondare un nuovo partito per lanciare delle idee come l'abolizione delle tasse universitarie?

Fonte: Giuseppe Turani da italiaoggi.it 

La campagna elettorale è appena partita, ma più che altro sembra una fiera con tutti i partiti che hanno già allineato i loro banchetti con ben esposte le varie pozioni miracolose: via abbonamento Rai, via legge Fornero, via immigrati, via tasse universitarie, bonus per tutti. Persino la «vera» sinistra non è riuscita a sottrarsi a questa indecenza. Che da Grasso e Bersani arrivasse poco era abbastanza prevedibile. Erano vecchi ancora prima di nascere. Ma il presidente del Senato ha aggiunto una nota quasi comica. Poiché in questo scorcio di campagna elettorale tutti hanno già promesso quasi tutto, cosa diavolo dire ai futuri (pochissimi) elettori? «Aboliamo le tasse universitarie», tutti dentro gratis. Il perché di una simile idea sfugge anche alle menti più comprensive. Già oggi sono previsti sconti per chi ha poco reddito. E che cosa si vuole ottenere con una misura del genere? Un ulteriore affollamento delle università? E poiché gli atenei devono comunque tirare avanti, pagare la luce e i bidelli, che si fa? Niente paura: paga lo Stato. Insomma, un altro con un'idea bulgara, da prima internazionale comunista, del mondo. Paga lo Stato per ricchi e poveri. Poi, magari, se i soldi non bastano (e non basteranno) mettiamo una bella patrimoniale, e siamo a posto. Lo Stato raccoglie il reddito dei cittadini e poi lo redistribuisce secondo i criteri che i saggi (Grasso e i suoi amici) stabiliranno.
 
Valeva la pena di fondare un nuovo partito per lanciare poi queste idee? Bastava fermarsi al 1920, senza fare tanta strada. Meraviglia che i problemi dell'università italiana siano ridotti, nella visione di Grasso, alla questione delle tasse. Non l'ha nemmeno sfiorato l'idea che su 99 istituti universitari almeno la metà non vale assolutamente niente: pure fabbriche di stipendi e di diplomi. Si potrebbero chiudere anche domani mattina, con nessun danno per la cultura mondiale, la formazione dei giovani e la diffusione del sapere. Non gli è venuto in mente che l'istruzione si paga, come gli aperitivi e le scarpe. Se poi ci sono ragazzi bravi e meritevoli, ma poveri, si abbondi con borse di studio. Ma non si capisce perché al ricco figliolo del cumenda brianzolo (che va in università con il Suv di papà forse solo per trovare ragazze) gli si debbano anche togliere le tasse: è questa sarebbe la sinistra che è rimasta sinistra? Una vota un vecchio professore (lui si di sinistra) guardando questi figli del privilegio, disse: «Qui è l'unico posto in cui li possiamo bastonare». Ma Grasso, forse, fra un po' proporrà via le tasse e 30 per tutti. Ma c'è di peggio. Le tasse abolite (secondo Grasso) vengono sostituite da finanziamenti pubblici, cioè da soldi presi dalla fiscalità generale, cioè dalle nostre tasse. In questo modo finisce che parte di quelle tasse le paga anche chi all'università non ha proprio mai pensato, non ha figli o li ha già avviati alla lucrosa professione di calzolaio o pizzaiolo. A tutti può capitare di dire un'idiozia. Qui il guaio è che ci hanno pensato sopra per settimane e doveva essere il fiore all'occhiello del nuovo partito «Liberi e Uguali». Solo che invece di un fiore è venuto fuori una zuppa di broccoli degli anni 20-30, forse direttamente dalla dispensa di Lenin.

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