giovedì 19 aprile 2018

Dentro la notizia: tra fake news e scoop

di Filomena Baratto 

Vico Equense - “Sintesi, ci vuole sintesi e poi sintesi, gli aggettivi, proprio non servono, la notizia deve essere asciutta…ma va anche cucinata, e poi accattivante, sì, l’attacco deve essere brillante! La notizia chiara, vera e verificata. E questo solo per dire alcuni aspetti. Lei è consapevole di questo?” Sono alcune battute di un copione dove un direttore di giornale parla a un giovane giornalista. E’ un mestiere fatto da belle parole, metodo, conoscenza, analisi, curiosità, voglia di confrontarsi con la gente. Non bastano le classiche 5W, (Who, What, Where, When, Why) le famose domande cui attenersi per condurre un articolo. Il fatto stesso di registrare una notizia significa darle importanza e i fatti non registrati non esistono. Oggi molti giornalisti diventano scrittori e diversi scrittori scrivono sui giornali. Gli uni per sperimentarsi nella conoscenza, gli altri nella sintesi. I ruoli si invertono o si incrociano ma le regole non cambiano. Ci vuole fiuto per le notizie, curiosità e voglia di risposte. Come scrisse lo storico Robert Darnton, ”si può dire di essere giornalisti al di là del possesso di un tesserino, quando si possiede la coscienza di saper scrivere una colonna in un’ora su qualsiasi argomento in qualsiasi situazione”. Mario Borsa, corrispondente dall’Inghilterra del Secolo di Milano affermava :”Il fatto, subito il fatto e pertanto la letteratura è la peste del giornalismo”. Se troppa letteratura inficia la notizia, un periodo troppo scarno, severo, secondo i dettami dell’atticismo di Lisia, badando solo al contenuto e poco alla forma, lo svilisce. A questo si oppone la notizia con periodi lunghi e pericolosi di giornalisti devoti a Quinto Ortensio Ortalo che tanto ispirò Cicerone ma che poi planò verso il suo stile rodio, uno stile medio.
 
Nell’uno e nell’altro caso si scade in un cattivo supporto alla notizia. Per non parlare dei contenuti quando sono ripetitivi e vuoti o privi di tesi da portare avanti o di analisi dei fatti che inducano alla curiosità di porsi domande. A volte lo stile è volutamente contorto, quasi a rasentare la tecnica del “trobar clus”, dove periodi difficili compensano la mancanza di un fatto ben argomentato. Per non parlare delle regole grammaticali stravolte per il bene della stringatezza e della velocità di scrivere. Nell’arte di scrivere di Piero Ottone, editoriale di qualche anno fa, si legge di un direttore di giornale che riprende un giovanotto dicendogli:” Se vuole inserire nella frase un aggettivo, venga prima nel mio ufficio e mi chieda il permesso!” La scrittura è semplice, trasparente, come l’acqua, senza vocaboli pesanti. La vera prosa è leggera. Oggi scrivere un pezzo è più difficile rispetto a una volta. La qualità della notizia è quello che desta maggiore interesse. Oggi la notizia inflazionata porta a un tam tam che la distorce, la cambia, la stringe, la comprime. Una volta i giornali diffondevano idee, opinioni, politica, mentre oggi proteggono interessi della vita economica dei paesi, fanno propaganda, sono asserviti ai poteri. Difficile dare una notizia nella sua essenzialità, molto spesso è strumentalizzata, gestita, edulcorata. L’originalità di un giornale è data da come tratta le notizie, dal taglio che appone, dalle idee che privilegia, dallo sguardo profondo, dall’analisi dei fatti. Il tutto rigorosamente appurato e poi sicura per evitare che si moltiplichino le fake news. Un bravo giornalista si accerta, verifica, controlla. Oggi anche sul web si ripete un po’ tutto e le notizie saltano da un giornale all’altro diventando uguali e impersonali. Il giornalista si propone di diffondere in tempo reale la notizia con tempestività a danno dell’approfondimento. La vera notizia non ha bisogno di costruzioni o di padroni, va avanti da sola e si afferma in modo autorevole anche con una linea editoriale da mantenere. Il giornalista deve scendere a fondo nelle situazioni, andando sul posto, rilevando con i suoi occhi, che per primi raccolgono ed elaborano quello che di lì a poco renderanno pubblico. Scrittori passati al giornalismo hanno fatto epoca, con la loro capacità di narratori veri, raccogliendo la realtà attraverso la loro prima testimonianza. Ci sono pagine di giornalismo redatte da autori del calibro di Alberto Moravia, Steinbeck, Hemingway che hanno fatto storia rilevando i fatti con l’animo e la mente di chi scruta ogni cosa e pesa con le parole. I reportage di Moravia dall’Africa sono diventati pezzi di storia per la conoscenza del continente nero. La bravura non è riportare i fatti da lontano, quanto avere occhi per quello che accade vicino e non lasciarsi abbrutire dall’indifferenza, fugando la realtà per il doppio motivo di non “vedere” . Questo tipo di giornalismo è vuoto e gretto, ma anche inutile senza occhi per carpire il non detto, il non visto e non voluto sentire. Una volta il cronista era un crociato, partiva come quando si va in guerra per sostare sul luogo del fatto e assisterlo per confezionare una notizia quanto più possibile aderente alla realtà. Oggi la notizia dura un’ora, dopo partono le nuove versioni dei fatti, gli aggiornamenti, le novità che lasciano soccombere quello che era stato poco prima. La tempestività ha rubato anche la curiosità e la precisione di portare al lettore notizie vere. Si leggono spesso mezze notizie, stralci fatti di niente, come se una foto bastasse e la testimonianza fosse data solo da un’immagine. Il giornalista è ancora un artigiano che deve avere cuore e mente allenata per partorire notizie di qualità passando per la tempestività senza per questo perdere valore, per quanto la rapidità sia un fattore di rilevante importanza per abbattere la concorrenza. Ma la si abbatte ancora di più se la notizia sarà curata sin dalla sua nascita. Questo è l’unico fatto vero e serio che mantiene un giornale.

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