lunedì 28 maggio 2018

La vita è tutto un doppio

di Filomena Baratto

Vico Equense - E’ nel momento del bisogno che abbiamo la percezione degli altri. Tutto bene fino a quando la nostra salute regge, poi inevitabile il bisogno degli altri e ci accorgiamo di loro. In questo caso si sperimenta la necessità di avere qualcuno che ti bussi alla porta solo per dirti se ti serve qualcosa, che ti porti un sorriso o alleggerisca le tensioni. Quando guardiamo gli altri nella loro sofferenza, subito crediamo che a noi non sarà così, che noi siamo diversi! Noi siamo gli altri, non diversi, ma identici, uguali e con gli stessi sentimenti a cominciare dalla paura. Quella di dipendere dagli altri, di vivere in modo diverso da come abbiamo vissuto. Un uomo in piena attività, di fronte a una malattia, si sente impotente e deve cambiare il suo stile di vita, rientrare in schemi nuovi. Ne vedo tanti, troppi di volti scavati dalla malattia e con quanta forza quegli occhi guardano la vita che hanno bevuto fino in fondo e, proprio per conoscerla bene, non la sciupano ora. Sorridono! Cosa vorrà dire, un arrendersi, una leggerezza, un esorcizzare? C’è la consapevolezza di quella che è stata la loro vita e quello di voler dire agli altri di non perdersi in chiacchiere, pettegolezzi, speranze, inerzie e indifferenze, ma vivere, pensare a vivere. La vita è progetto che ci diamo e a cui dobbiamo tendere con tutte le nostre forze, senza mai mollare. E’ energia che dobbiamo sempre far veicolare, scorrere tra di noi. Energia pura che non deve lasciarsi scalfire dalla malinconia di perderla. Sorridono! Tutti quelli che soffrono, sorridono. Non sono stupidi, né deficienti da non capire, ma costruiscono la loro energia, se la impongono, la invocano e sorridono per dire questa è la vita a cui non possiamo nulla se non ringraziarla per quello che ci dà.


E quanto supportano i sani questi sorrisi! Quanto sono d’aiuto a chi l’energia ce l’ha ma non la usa. Ultimamente riconosco questi sorrisi, sorrisi di cuore e di occhi e non di smorfie, di dolcezza e lotta e mai di resa. Sorrisi come affermazione e vitalità anche con un problema di salute. Chi soffre ha resettato il suo vecchio schema modulando su una frequenza più diretta, più piena. Conosce il valore di un’ora, di un gesto semplice, di una boccata d’aria. Indispensabili pur nell’invalidità. Sempre ultimamente (e da questo mi nasce la riflessione) ho visto con quanto piacere alcune persone augurano il male agli altri, e ho visto come, mentre l’altro stava male, rideva ed era palese il suo piacere. Una visione inquietante, quella di vedere l’altro diverso da noi e il male un maleficio che giunge a colpire chi vogliamo stia male. Il male ci vede uguali e non sceglie né risparmia quando colpisce. Ne ho avuto una visione ieri e mi sono sentita bloccata come accade nel gioco delle statuine. La sofferenza non è un castigo ma un modo della vita di procedere, un suo modo di inglobare tutto, di non perdere niente e così le foglie diventano concime, gli uomini energia, e noi? Non resta che prendere il giorno, il sole, l’aria, i fiori, l’amore, il carpe diem di Orazio che non vuol essere una poca considerazione della vita. Significa averne rispetto e viverla a pieno senza sprecare nemmeno un attimo del tempo che ci viene donato. Passiamo molti giorni, anni della nostra vita a stare tristi, indifferenti, apatici, arrabbiati, astiosi, puntigliosi, ostinati! Quanto tempo perdiamo in questo modo! E non è già questo una perdita della vita, un venir meno alla costruzione che dobbiamo regalarci in questo spazio e questo tempo? Si risorge sempre, dal buio e dal dolore, dalla bruttezza e dal morire in vita. I malati, spesso hanno una visione migliore, che non è fatta di malinconia, ma di consapevolezza. Ci insegnano, quando sfoggiano quel sorriso, di voler richiamare la forza della vita, che l’unione tra noi è più forte del dolore e della malattia del singolo. E’ un po’ come il gioco salta cavallina: c’è chi fa da ponte e chi passa su, ma dopo, chi è stato ponte diventa cavallo al galoppo e ci si avvicenda all’infinito. Anche per noi un eterno gioco. Non siamo solo ponti o solo cavalli, ma un ciclo continuo che gira sempre e trasporta tutti dentro. Quando saltiamo, se non ci fosse chi ci fa da ponte noi non potremmo spiccare il salto. Il malato è un ponte che serve al sano per capire e il sano vede nel malato quello che sarà. La vita è tutto un doppio: non c’è bene senza male, non c’è forza senza malattia. Tutto fa parte di noi.

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