martedì 12 giugno 2018

Una cartolina da Vico

Marina di Vico
di Filomena Baratto

Vico Equense - Bisogna avere il coraggio di essere leali, cosa non sempre possibile, a parlare del luogo natìo senza lasciarsi trasportare dall’esagerazione nel presentarlo. Ma come si fa quando sei di un luogo turistico come Vico Equense. A volte mi sento dire: “Cos’ ha di bello” o “ Avete solo la pizza?”, “Avete solo il mare” o “Si mangia bene” qualcuno giunge anche oltre parlando di personaggi illustri del luogo. Come fai a presentare, non tanto agli stranieri, ma agli stessi Italiani, Vico? Gli stranieri sono più informati di noi e non si lasciano suggestionare dalle emozioni. Di solito parlo di Vico come la porta di ingresso di un regno che conduce in penisola. Una città piccola, fresca di vento e di gioventù. Raccolta sulla costa, col suo bel castello, come nelle fiabe, con le sue scogliere e le sue spiagge, i suoi chef famosi, tradizioni e borghi, colline, cultura e arte. Già sento scalpitare però i detrattori, che vorrebbero raccontare quello che non va. Puntualmente, quando mi scappa di parlarne, mi trovo accanto qualcuno del posto che, come Bastian Contrario, dice esattamente l’opposto di quello che vado raccontando. Mi è accaduto a Rimini dove ho incontrato una persona che parlava di Vico per la scena del film del cagnolino bagnato in Pane, amore e di Dino Risi del 1955. Col mio libro in mano da autografare, ci siamo intrattenute, invece, a parlare della città da cui provenivo. La signora incuriosita disse che questi sono posti benedetti, felice chi vi abitava. Con me un’altra accompagnatrice che a un certo punto aggiunse: “Non abbiamo certo la vostra organizzazione, noi siamo caotici ”. Un’italiana! Ora vorrei dire, se dobbiamo presentare la nostra casa a qualcuno, non gli andiamo a parlare per primo della cantina. Spesso ho dovuto rintuzzare i fatti, creando analogie con i luoghi di provenienza dell’ospite per far capire, non al turista, ma a noi che, se andiamo fuori dall’Italia, ci sono meno attrattive delle nostre, ma quelle quattro che hanno, le presentano come fossero dimore o scenari o monumenti di un pianeta in un altro universo. Il turista vuole conoscere le motivazioni per cui venire a visitare Vico e non certamente quello che Vico vive tutti i giorni, che possano essere disagi o altro che sono poi le difficoltà che ogni città vive.
 
In questo caso il vicano non sempre è il Cicerone adatto, parlerebbe troppo e forse anche male del suo luogo natìo. Quando ho parlato di Vico a Sir James di Cornovaglia, mi ha fatto notare, conoscendo il posto, che non aveva nulla da invidiare ad altre località. Gli ho fatto capire che qui nessuno invidia Nizza o Plymounth, stiamo benissimo. Alla successiva domanda di come si vive a Vico, ho risposto “come in Paradiso”, ma non ne siamo consapevoli, aggiungendo che anche il Paradiso avrà le sue scaramucce quotidiane. E quando guardavo fuori dalla finestra della pensione e vedevo quella nuvola posta come un cappello su St. Michael Mount, mi prendeva un tristezza che qui non mi capita mai. Ho raccontato a Sir James che quella “cloud” lì era un vero problema per un vicano, l’ avrebbe strappata con le mani per tirare fuori il sole. Ha riso dopo aver detto che, altra cosa importante, è la nostra ironia. Sono stata cortese affermando che non arriviamo al loro british humor, ma ha capito che lo dicevo per educazione. Ha aggiunto che noi siamo “ gente furba”, ma sul furbo ho fatto una smorfia, non ero d’accordo. E lui ha aggiunto “with heart”, “scaltri col cuore”. E poi a Palamos in Spagna, Costa Brava, su una distesa di sabbia di una spiaggia infinita, col mio telo su cui ero distesa con la famiglia, mi sentivo persa davanti al mare agitato che portava a riva onde altissime come capriole arrabbiate. Dov’era il porticciolo tranquillo pieno di barche e noi a salpare verso il largo? Le spiagge ciottolose, le calette, il sole dietro i monti… Lì il bagno era impossibile, sembrava di stare davanti all’Oceano ed era solo il Mediterraneo. Memore di cose che non ho trovato altrove, dico, a chi vuol sapere di Vico, che è una città a misura d’uomo con attrattive uniche come il paesaggio, l’aria, il mare, il verde. Anche al vicano lo stesso paesaggio racconta cose diverse ogni giorno, rivelandosi sempre nuovo. E i migliori sponsor sono i figli partiti che la vivono da lontano e non resistono al suo richiamo. I dettagli vissuti sin da piccoli in questo luogo, te li porti appiccicati addosso come un profumo che impregna ogni centimetro di pelle. E vai cercando l’aria natìa nella plumbea Londra o nella fredda terra oltre le Alpi, ma l’aria è formata anche dai respiri delle persone, che la alimentano e la rendono unica. E se poi ti resta appiccicata alle narici come il profumo della madre, sarai allergico a tutti gli altri posti. Quando poi i turisti collegano la città alla Chiesa più famosa d’Italia, vanno in visibilio. Gli stranieri stupiscono davanti alle nostre tradizioni, come le processioni, le feste, le sagre, che fanno rivivere il passato trasferendo alle nuove generazioni gesti antichi che si ripetono in modo sempre nuovo. Un turista si rende conto da solo dei motivi che trova qui per ritornare. Dovremmo convincercene anche noi che talvolta dimentichiamo per guardarla e viverla ogni giorno. Quando penso che a Parigi mi volevano truffare sull’acquisto di un vestito, che in Spagna siamo stati derubati, che in Portogallo, non dimenticherò mai, un autista schizzato ci ha fatto temere di finire nel Tago, un vero incubo alla Psicho, e che comprare un vassoio di dolci a Cadice, in Andalusia, costa quanto un pranzo, e ci tornerei ancora, mi rendo conto della bellezza, cortesia e disponibilità che il turista può trovare qui. Un luogo rappresenta quello che evoca in noi e ci si ritorna per quello che ci ha restituito. Un viandante a cui abbiamo dato un passaggio da Truro verso Land’s End, appena capito la nostra provenienza ci ha menzionato in ordine: il Vesuvio, Pompei, Seiano e continuava a dire “beautiful”, aggettivo che riservava solo al Manchester, la sua squadra del cuore. Alcuni turisti rapportano Vico alla pizza, altri al gelato, altri ancora alla mozzarella, molti ricordano i film di De Sica e quelle immagini mai più passate dalla mente. La mamma di una mia amica che abita a Trento, dice che viene qui perché si rigenera, ma soprattutto per l’aria che la preserva dalla bronchite. Tra quelli che la evitano ci sono coloro che stanno perennemente a dieta, preoccupati di mettere a repentaglio l’equilibrio ritrovato, conoscendo la buona cucina e l’aria che apre lo stomaco. Sulla cartolina di questo luogo metterei quello di cui si parla poco: i tramonti, più belli di quelli di Gibilterra o Lisbona, i tanti reperti archeologici che spuntano ovunque, la scala che dalla strada porta alla Santissima Annunziata abbracciata da una bouganvillea fucsia strepitosa, Largo dei Tigli, la spiaggia sabbiosa di Marina di Vico, il Museo Asturi, la processione di San Francesco di Paola, i pescatori di ritorno da una giornata a mare, i gabbiani che stridono nella cava di Punta Scutolo, la Torre saracena, i ragazzi sulla Villetta Paradiso, i bambini nello spazio delle giostrine, vedute dall’alto delle colline… e poi il porto a marina d’Aequa, Santa Maria del Toro, San Francesco, La chiesa di San Ciro e San Giovanni, Monte Faito, i tredici casali, Santa Maria del Castello, Monte Faito, Tordigliano, Lo Scrajo, L’Eremo dei Camaldoli, La Cappella di Santa Lucia, tutto questo e altro ancora. Sulla cartolina bisogna informare il turista che quando arriva, deve prendersela comoda, qui i tempi sono distesi e per visitare ogni cosa ci vuole pazienza. Sicuramente ritornerà con un carico di emozioni e un nuovo modo di vedere la vita. E visto che non possiamo presentare la città al completo, è bene lasciare nel mistero tutto il resto, il turista avrà modo da solo di capire perché visitare Vico Equense, che sebbene sia la Porta d’ingresso della penisola, è rifinita nei minimi particolari, preziosa come la casa su cui apre, da Vico a Punta Campanella.

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