sabato 22 settembre 2018

Intervista a Paolo Siani. Battaglia per la libertà: «Una legge per i cronisti»

Paolo Siani
Fonte: Salvatore Dare da Metropolis

Vico Equense - Sono le 11.42 e "aiutato" dal sindaco di Vico Equense Andrea Buonocore e il presidente della Camera Roberto Fico scopre di colpo la targa che da ora domina la piazza del municipio. «Cosi è ora, così sarà per sempre» aggiunge emozionato. Sul marmo c'è impresso il nome di suo fratello. «Piazza Giancarlo Siani». Lui, Paolo Siani, lancia lo sguardo in alto. Stringe le mani. Sembra voler pregare e rincorrere lo sguardo del fratello trucidato dai sicari della camorra la sera del 23 settembre 1985. E' un attimo intenso, pieno di commozione, ricordi e amore. «Sì, amore. Quello che gli sta continuando a donare Vico Equense e quello che lui provava per il suo lavoro che gli è costato la vita». Gli studenti lo fermano, lui pare quasi voler trattenere le lacrime. «Vi affido Giancarlo, o anche vostro. E' nostro. E' di tutte le persone realmente oneste di questo Paese» dice con un filo di voce. Poi si incammina verso il centro della piazza e trova "riparo" in un altro volto amico: è quello del generale dei carabinieri Gabriele Sensales, l'allora capitano della caserma di Torre Annunziata che, proprio con Siani, aveva stretto un rapporto di grande amicizia. «Erano inseparabili». Un abbraccio caloroso prima di fissare per qualche secondo interminabile la stele di Giancarlo, disegnata dall'amico Antonio Irlando, dove c'è anche una riproduzione di un appunto di Siani. «Legga con attenzione - ci dice Paolo Siani indicando con orgoglio il monumento - E' una mappa della camorra in provincia. Ci sono tutti i collegamenti tra i vari clan, le zone di influenza, le direttrici degli affari illeciti, le ipotesi.
 
E poi la sua calligrafia è unica. Giancarlo era bravo, davvero bravo. Non mollate e informateci sempre». Si concede alla stampa con dolcezza, disponibilità, ripetendo i messaggi già rivolti alcuni minuti prima alla gente di Vico Equense. Che effetto le fa vedere la targa di piazza Siani? «Una grandissima emozione. Davvero grandissima. Una cosa unica. Non è facile assumere scelte del genere. Intitolare una strada o una piazza a una vittima innocente della criminalità organizzata rappresenta una decisione di grande peso morale. Ma a Vico Equense c'era tanta voglia di omaggiare Giancarlo così, in questo modo importante e semplice. D'altronde l'idea non è venuta al sindaco, come teoricamente sarebbe giusto pensare. Sono stati i ragazzi di questa città a impegnarsi e puntare su quest'obiettivo. Un anno fa venni a Vico Equense per un incontro su Giancarlo e incontrai gli studenti dell'istituto Alberghiero e diversi virgiliani. Dissi loro che sarei stato contento dell'intitolazione della piazza a Giancarlo, ma evidenziai pure un altro aspetto. Ovvero: riuscire nel progetto non sarebbe stato molto semplice pure per questioni burocratiche. Scattò dunque una petizione che evidentemente il sindaco non ha potuto non prendere in debita considerazione. Questa è una città che gli ha voluto bene e a cui la sua opera sarà indubbiamente sempre legata». Dall'agguato sono passati esattamente 33 anni, eppure Giancarlo è ancora vivo nelle azioni di chi l'ha conosciuto e di chi ha deciso di portare avanti la sua missione. E' l'opera più importante di suo fratello? «Aggiungo, è la sua più grande vittoria. E' una rivincita contro i camorristi che l'hanno ammazzato. Pensavano che uccidendolo avrebbero risolto il "problema". E invece no. Gli anni passano e Giancarlo è sempre tra noi. Continuano le cerimonie per intitolargli scuole, strade, piazze. Raccontare le sue storie, come quelle delle altre vittime innocenti, è un dovere che ci aiuta a lottare sempre di più contro le mafie. Giancarlo voleva fare solo nel miglior modo possibile, dalla parte giusta, il lavoro di giornalista». Giancarlo e il suo lavoro accompagna adesso il suo mandato di parlamentare? «Assolutamente, ora ho un compito: far sì che possa essere approvata una legge che sia uno strumento di tutela per i giornalisti. Esiste una proposta in Parlamento a cui abbiamo il dovere di dover dare seguito con una discussione e mi auguro si possa pervenire a un'approvazione, quanto più larga possibile. Purtroppo a tutt'oggi esistono ancora le querele temerarie che si fanno contro i cronisti con lo scopo di intimidirli. Non va bene così e lo Stato deve dimostrare di essere sempre al fianco dei giornalisti bravi che raccontano le dinamiche criminali». Eppure, in questo momento storico, in Italia al governo c'è il M5S che sulla stampa ha una posizione dura. Al di la delle legittime posizioni tra maggioranza e opposizione, non crede che l'ipotesi di una legge a favore dei giornalisti possa restare tale? «Vedremo nelle discussioni in aula. Ce la metteremo tutta. Io, soprattutto. Ribadisco che ritengo necessaria una legge che rappresenti un elemento di difesa per i giornalisti». Paolo Siani, prima di rientrare a Napoli, si intrattiene per qualche minuto con i bambini del piccolo coro "Giulia Cannavate" del centro studi Augusta Coen che ha cantato l'inno nazionale emozionando la piazza. Prima li ringrazia: «Nonostante il sole e la stanchezza siete stati bravissimi». Quindi un invito, una sorta, di lascito che fa usando le stesse parole proferite sul palco in un bell'intervento: «Siamo noi la parte sana del nostro Paese».

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