mercoledì 7 novembre 2018

Cemento selvaggio Campania choc, resta m piedi il 97% delle case da demolire

Dossier Legambiente sul sacco edilizio 

Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino

L'EMERGENZA
In Campania esiste una metropoli interamente abusiva, dove ciascun residente è proprietario di almeno un immobile irregolare per il quale punta a ottenere il condono: una città che giorno dopo giorno cresce, lievita, si espande nel segno dell'illegalità sfacciata e del sistematico stupro del territorio. È quella costituita dalle 362mila domande di sanatoria censite da Legambiente in un report sulla piaga del mattone selvaggio: l'ennesimo primato negativo per una regione in cui il 97 per cento dei fabbricati abusivi non viene abbattuto ne acquisito al patrimonio pubblico e dove il rischio idrogeologico aumenta di pari passo col consumo di suolo anche in zone vincolate o ad alta pericolosità sismica.
LO SCENARIO
È un quadro a tinte fosche, quello tratteggiato dall'associazione ambientalista, in cui un dato emerge prepotentemente rispetto agli altri: dal 2004 a oggi, in Campania, soltanto 496 immobili sui quali pendevano ordinanze di demolizione sono stati effettivamente abbattuti. Non superano quota 310, invece, i manufatti irregolari acquisiti dai Comuni al proprio patrimonio e perciò trascritti nei registri immobiliari. In altri termini, i furbi che riescono a costruire abusivamente un immobile e a restarne in possesso in barba alla legge, nella maggior parte dei casi senza sborsare un solo centesimo, raggiungono addirittura il 97 per cento: numeri che dimostrano l'inerzia delle autorità sul fronte della lotta all'abusivismo e del ripristino della legalità.
 
E questo spiega anche la riluttanza di molti Comuni nel fornire i dati richiesti da Legambiente, visto che non più di 76 amministrazioni hanno risposto ai quesiti posti dall'associazione, mentre le restanti 474 si sono ben guardate dal farlo.
LE PRATICHE
Ma come fanno tanti edifici fuorilegge a restare in piedi e nella disponibilità dei privati a dispetto di provvedimenti amministrativi e sentenze della magistratura? C'è da dire che sulla maggior parte di essi pendono istanze di condono che i Comuni, con le esigue risorse a loro disposizione, riescono a valutare molto lentamente. In 132 Comuni campani, pari a un quarto del totale, pendono 362.646 richieste di sanatoria per altrettanti immobili abusivi: il record spetta dalla provincia di Napoli con circa 259mila pratiche, seguita dal Salernitano che ne conta poco più di 71mila. «Tra licenze edilizie fantasma, ordinanze di demolizione non eseguite e richieste di sanatoria mai vagliate - evidenzia Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania - le organizzazioni malavitose sono riuscite a prosperare: ben 65 clan camorristici lucrano sul cemento selvaggio, nonostante le migliaia di persone denunciate e di irregolarità scoperte negli ultimi tre anni».
IL PERICOLO 
A frenare l'indiscriminato consumo di suolo non bastano nemmeno i vincoli urbanistici, il rischio idrogeologico e il pericolo di terremoti. In Campania la tendenza a costruire sempre e comunque, accettando il conto salato che la natura presenta spesso e volentieri a chi tira su fabbricati in zone particolarmente fragili, è dura a morire. Non deve meravigliare, dunque, il fatto che 503 dei 550 Comuni ricadano in aree a elevato rischio idrogeologico. Esposte al rischio vivono oltre 544mila le persone, pari al 10 per cento della popolazione regionale, senza tralasciare 499 scuole, 1.288 beni culturali e addirittura 18.451 imprese. Dati Ispra alla mano, col suo undici per cento la Campania si presenta come una delle regioni italiane con la maggiore quota di territorio vincolato ma consumato, mentre fa segnare il sette per cento di suolo «divorato» nelle aree caratterizzate da un medio rischio di frane. Altro primato negativo è il 10,4 per cento di terreno cementificato in zone a elevato pericolo sismico. I casi più eclatanti? Campi Flegrei e Somma-Vesuvio, complessi vulcanici urbanizzati rispettivamente per il 44 e il 33 per cento della loro superficie totale. «Il consumo di suolo aumenta anno dopo anno - denunciano gli ambientalisti - e la Campania si rivela una regione dai piedi d'argilla, dove bastano le prime piogge autunnali per scatenare frane a ripetizione».
LE RESPONSABILITÀ 
In questo contesto sembra evidente la responsabilità di amministrazioni che per decenni si sono limitate a rincorrere le emergenze del momento, trascurando una pianificazione territoriale ordinaria capace di andare oltre le logiche di consenso elettorale e di mettere vaste aree al riparo dal rischio idrogeologico. Nel corso degli anni, con l'obiettivo di «mettere in sicurezza il territorio», sono stati stanziati quasi 688 milioni di euro e programmati 478 cantieri; tra questi ultimi, però, 57 risultano ancora aperti e solo 255 conclusi. Ergo, gli interventi di messa in sicurezza procedono a rilento. Senza dimenticare che, a marzo 2017, solo il 73 per cento dei Comuni campani risultava dotato di un piano di protezione civile aggiornato, mentre un quarto delle amministrazioni era privo di un'adeguata strategia di prevenzione del rischio. «Tale ritardo - conclude Mariateresa Imperato evidenzia la scarsa attenzione da parte di diversi amministratori pubblici locali rispetto alla necessità di porre in essere sistemi di gestione dell'emergenza in grado di salvaguardare l'incolumità delle persone. La Campania ha urgente bisogno di una messa in sicurezza dei territori: ecco l'opera pubblica davvero necessaria e incompatibile con qualsiasi forma di condono edilizio».

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