sabato 10 novembre 2018

Il ritorno dei dorotei nel ricordo di Gava

Antonio Gava
L'INCONTRO

Fonte: Gigi Di Fiore da Il Mattino

Il rischio della beatificazione viene evitato, nonostante lo scenario sia la suggestiva Sala degli Angeli, ex cappella, al Suor Orsola Benincasa. Antonio Gava dieci anni dopo la morte, in un incontro-ricordo voluto da Gianfranco Rotondi con la Fondazione Sullo e sostenuto dal rettore Lucio D'Alessandro. Diventa anche un raduno di pensionati della politica. Ex De, soprattutto dorotei, che si ritrovano nel nome di chi fu il capo indiscusso di quella potente corrente democristiana in Campania. C'è Raffaele Russo, 86 anni, e accenna al suo ricorso contro il taglio dei vitalizi. C'è Rosa Russo, già presidente della Provincia di Napoli. Ci sono ex deputati, ex presidenti di enti locali: Antonio Iodice, Antonio Iervolino. Elio Reina. C'è Eugenio Cricri, il penalista che seguì Gava in tutte le sue vicende giudiziarie. E anche Nello Palumbo, penalista ma anche senatore nell'ultima stagione della De. «Per questo incontro in ricordo di Gava, la famiglia ha attivato l'antica rete di amicizie» dice Rotondi. Ci sono Angelo e Marco, i figli di Gava, e il nipote Roberto, avvocato amministrativista. Mostra la sentenza della corte d'appello di Roma, sezione equa riparazione, che nel 2011 riabilitò l ' ex ministro dell'Interno dopo l'assoluzione dall'accusa di concorso esterno in associazione camorristica.
 
La sentenza parla di accusa «infamante e infondata come accertato giudizialmente», riconoscendo un indennizzo a carico dello Stato di 140mila euro per danno morale, d'immagine e biologico. Dieci anni dopo, gli ex democristiani-relatori, Gerardo Bianco e Paolo Cirino Pomicino, cercano di superare la cronaca per tentare una prima lettura storica su Gava. Probabilmente è presto, come riconosce Bianco che di quella De fu esponente della sinistra: «Non è stata ancora scritta una seria storia della De e dei suoi uomini, perché i libri pubblicati finora dagli storici hanno risentito di un certo furore giudiziario».
GLI ANEDDOTI
La platea, gremita, applaude. E sorride, quando Rotondi ricorda il suo primo incontro con Gava al Viminale: «Arrivai con Sullo e lui, come usava fare ogni giorno, recitava il Rosario. Ci unimmo nella preghiera perché Sullo conosceva i misteri del Rosario. Al Viminale, allora si recitava il Rosario, oggi si fanno i selfie». L'aneddotica, come insegna Croce, non è lettura storica, ma aiuta a definire ricordi. Rotondi ne aggiunge un altro, legato agli ultimi giorni di Gava ricoverato in clínica. Il Corriere della sera pubblicò un articolo, che ne anticipava la morte: «L'addio all'ultimo viceré di Napoli». Gava chiamò Rotondi, per chiedergli di smentire, dicendogli: «Spiega che Gava smentisce la sua morte, ma ringrazia del privilegio di aver letto il suo necrologio». Le vicende giudiziarie sono appena accennate, le rievocazioni riconoscono invece l'abilità politica di Gava e la sua capacità di aggregare consensi. Sul caso Cirillo, solo un breve accenno di Paolo Pomicino: «Ho letto il libro del giudice Carlo Alemi, non vedo l'ora di andarlo a presentare, vi ho letto follie inesauribili». Fa specie che tra i relatori non ci sia neanche un doroteo. Pomicino era andreottiano e Bianco della Base. «I dorotei erano moderati e mediatori - dice Bianco e la loro presenza consentiva gli equilibri interni. Ora tutto è critica, ma forse se l'Italia è arrivata nel dopoguerra alla sua crescita economica lo si deve anche alla gestione politica della De». Gava uomo di partito, Gava ironico e cattolico. Gava che nei giorni delle vicissitudini giudiziarie non si perse mai d'animo: i ricordi trovano una sala compiacente. «Il doroteismo è nella De come il peccato originale, prima o poi tutti i democristiani ci hanno avuto a che fare» disse Gava al congresso regionale De del 1984. Pomicino rievoca i suoi brevi inizi dorotei e spiega: «Le correnti erano il sale di un partito che esprimeva il consenso di 14 milioni di italiani. Si trovava sempre una sintesi e la diversità divisioni diventava ricchezza interna. Oggi i partiti sono quelli di un uomo solo al comando, con selezioni dettate dalla cortigianeria». E ancora: «Gava era un uomo di partito e democratico, oggi i sovranisti sono la faccia istituzionale dell'autoritarismo». Alfredo Vito, mister centomila preferenze, manda un messaggio di scuse per la sua assenza. Enzo Scotti, che pure era tra i relatori, non c'è. In sala, qualcuno sussurra di sue nascenti simpatie grilline. L'amarcord trova sintesi nell'analisi storica del professore Piero Craven, Ma, dieci anni dopo, si capisce che è troppo presto per la storia. Antonio Gava è ancora cronaca e memoria tra i tanti reduci dorotei.

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