mercoledì 14 novembre 2018

Siani spiegato ai bambini

Per gentile concessione pubblichiamo la prefazione di Paolo Siani al libro di Angela Maliardo «Giancarlo Stani. Il bambino che vivrà per sempre» edito da Buk Buk, un percorso narrativo per bambini di educazione alla legalità e alla cittadinanza consapevole attraverso l'esempio del giornalista de «Il Mattino» brutalmente ucciso il 23 settembre 1985 in un agguato di camorra 

Fonte: Paolo Siani, deputato, già presidente della Fondazione Pol.i.s (da Il Mattino) 

La curiosità è il sale della conoscenza, scrive Angela Maliardo facendo parlare Giancarlo, mio fratello, come se fosse ancora qui tra noi. Credo che curiosità e conoscenza siano state due parole fondamentali nella purtroppo breve esistenza di Giancarlo, quelle per cui, senza saperlo, ha messo in gioco la sua stessa vita. Giancarlo era davvero curioso e desideroso di conoscere i fatti, per poi poterli raccontare, come tutti i giornalisti bravi, quelli che amano il loro lavoro e lo svolgono con passione. E oggi, 32 anni dopo quel maledetto 23 settembre 1985, la curiosità e la conoscenza, nel ricordo del sacrificio di Giancarlo, sono diventate sinonimo di legalità. Lo abbiamo percepito tutti rimettendo in moto la sua Méhari, quella macchina verde che porta in giro con sé le sacrosante istanze delle vittime innocenti della criminalità e dei giornalisti minacciati dalle mafie. Lo abbiamo visto negli occhi commossi di chi ha guardato più volte il film di Marco Risi «Fortapàsc».


Lo abbiamo notato soprattutto nell'impegno di tanti giovani che Giancarlo non l'hanno nemmeno conosciuto, ma lo sentono al loro fianco quando gli dedicano un murale, quando si accingono ad intraprendere la professione giornalistica, quando giocano a pallavolo, quando affollano la Sala Siani del "Mattino" in occasione del Premio giornalistico a lui intitolato, quando fanno rivivere la sua persona attraverso le sue passioni. Anche questo libro di Angela Maliardo rafforza in me la convinzione che Giancarlo, in fondo, non se ne è mai realmente andato. E che continua a parlare in prima persona, eternamente giovane. Con lo stesso entusiasmo che aveva 32 anni fa. Con la stessa curiosità. Con la stessa voglia di conoscere e di raccontare. Dopo quei colpi brutali sparati dai killer di camorra, la voce di Giancarlo, se possibile, ha ripreso ad urlare più forte. Oggi l'esempio di mio fratello ha travalicato i confini locali. Oggi la sua Mehari è simbolo di giustizia, di legalità, di libertà di stampa. Oggi l'aula del Consiglio regionale della Campania porta il suo nome, come tante scuole del territorio. Oggi in tanti, soprattutto i più giovani, conoscono Giancarlo, la sua vita, i suoi scritti e le sue passioni. Con questo libro Angela Maliardo compie un'operazione molto significativa: dar voce a una vittima innocente di criminalità, e lo fa rivolgendosi ai bambini della scuola primaria. Ai bambini così piccoli è difficile raccontate certi eventi, è molto difficile raccontare la morte violenta, sembra quasi impossibile parlare di camorra. I bambini devono sognare e non so se è giusto raccontare episodi di violenza così terribili e anche Angela Maliardo, che lavora da tanti anni con i bambini delle classi elementari, se lo chiede. Ma ha deciso di raccontare di Giancarlo perché la scuola dove insegna è intitolata proprio a mio fratello e allora con garbo e delicatezza racconta Giancarlo da vivo e non da morto ed è questo che mi ha convinto a trascorrere con lei qualche pomeriggio per raccontarle la vita di Giancarlo e la mia da bambini. Una vita semplice, di due bambini degli anni 60, che non avevano internet né il telefonino e che potevano giocare a pallone per strada senza grandi pericoli perché c'erano poche automobili. Insomma un mondo completante diverso da quello di oggi. Un mondo dove non si parlava di criminalità organizzata e dove era impossibile solo immaginare che un ragazzo, poco più che adolescente, potesse maneggiare un mitra come si vede nel film «Robinù» di Michele Santoro. Oggi a Napoli succede anche questo e allora è proprio necessario raccontare storie di vittime innocenti anche ai bambini delle elementari perché sappiano che maneggiare un libro è molto più importante che maneggiare un kalashnikov o una pistola. Noi della Fondazione Polis ci stiamo provando per davvero a far capire che raccontare le storie delle vittime innocenti e renderle patrimonio collettivo rappresenta un passo importante per sconfiggere le mafie. Perché serve a far capire che Napoli e la Campania non sono solo terre di camorra, ma anche terre ricche di esperienze alternative al sistema criminale. Perché è giusto affermare che, nonostante le ferite inferte dalla violenza, ci sono tante persone perbene che magari non fanno notizia, sono lontane dai riflettori, ma per fortuna esistono e resistono alla prepotenza delle mafìe. Sì, sono convinto anch'io che oggi Giancarlo, guardando da lassù tutto il lavoro che viene svolto a partire dalla memoria del suo sacrificio, è veramente felice. E sono altrettanto certo che, se continueremo a lottare per affermare i diritti e il ricordo di tutte le vittime, Giancarlo lo sarà ancora di più.

Nessun commento: