domenica 17 maggio 2020

L’amicizia

di Filomena Baratto

Come dice il proverbio: “I parenti li manda Dio e gli amici li scelgo io”. Gli antichi ne sapevano in fatto di amicizia. Cicerone nella sua opera Laelius de amicitia afferma: “Namque hoc praestat amicitia propinquitati, quod ex propinquitate benevolentia tolli potest, ex amicitia non potest”( Ecco perché l’amicizia è superiore alla parentela: dalla parentela può venir meno l’affetto, dall’amicizia no). Oggi non ci fidiamo molto dell’altro, riteniamo i parenti più importanti per un fatto di consanguineità, come se ci preservassero dalla cattiveria e dalle ingiustizie. Eppure tutti abbiamo sperimentato genitori esigenti, fratelli egoisti, zii menefreghisti, fino a sopportare quel determinato parente di cui avremmo fatto volentieri a meno. La famiglia è il luogo deputato al nostro bene e se dobbiamo vivere o morire sarà solo per lei, facendo passare in secondo piano la sfera degli amici. Cicerone afferma che il senso profondo dell’amicizia è quello di andare alla ricerca della sua virtù: “nulla è più amabile della virtù”. L’amicizia è possibile e reale, nasce solo da uomini di bene, per questo è così difficile. Gli uomini che riescono a instaurare una vera amicizia sono uomini migliori. Oggi diventiamo amici con un clic, perdiamo facilmente la calma e la pazienza, non siamo in grado di approfondire o di capire l’altro e lo vediamo quasi sempre un rivale.
 
Scambiamo l’amicizia con la conoscenza, con le persone che abbiamo visto nascere, con chi ci torna utile, con chi ci fa un sorriso, con chi ci è familiare, con l’ospitalità. Conoscenze lunghe una vita possono restare tali e mai trasformarsi in amicizia. Socrate definiva l’amicizia uno dei beni più belli che si possa desiderare. Essa racchiude la conoscenza di ciò che davvero costituisce il bene per noi e per chi amiamo. Il bene profondo porta a essere anche insistente con l’amico, se questo lo aiuterà. A questo punto ci si chiede se l’amico debba essere della stessa natura o diverso. Per Esiodo ognuno è ostile ai propri simili, di conseguenza gli amici dovranno disporre della stessa natura, avere delle affinità che portino a legarsi. Platone ne parla ampiamente nel Liside dove non giunge mai a una vera definizione di amicizia, forse per non poter racchiudere l’attività di due individualità. Aristotele diceva che ci sono tre tipi di amicizia: quella basata sull’utile, sul piacere e sul bene. Sicuramente ci si deve fondare sul bene e ciò significa che abbiamo per l’amico una vera ammirazione, la capacità di percepire la sua luce profonda. Il vero amico sa leggerci, trae il meglio di noi e ci corregge. Certi sentimenti si percepiscono nel silenzio e col tempo e l’amicizia nasce lentamente avventurandoci nel campo dell’altro e solo dopo aver sondato quello che ci attrae, lo scegliamo. Con l’amico non abbiamo bisogno di molte parole per spiegarci, non c’è competizione, né invidia. Abbassiamo le difese ed entriamo in un territorio sano, privo di maschere, dove non si combatte ma non evitiamo il confronto. A questo proposito Jacques Derrida afferma che condizione dell’amicizia è la dissomiglianza che valorizza le differenze. Essa è un bene quando mantiene i “due” e non li costringe a confondersi per sembrare uguali, altrimenti scadiamo nelle varianti dell’amicizia. E’ un sentimento molto vicino all’amore, se non più alto. E come l’amore, se lo cominci a spiegare, non è più amore, così l’amicizia non si spiega e trova le sue strade dove non possono essercene. Conosce i tuoi limiti e i tuoi pregi e fa di tutto per mettere in risalto le tue qualità. Un vero amico trae da te il meglio, ti fa stare a tuo agio, ti trasforma anche attraverso un litigio, un’opposizione. Non è importante come, ma il fine cui tende, che è quello di un confronto continuo, necessario alla crescita. L’amicizia è capace di grandi cose, se è quella ben stretta, con radici profonde. Come diceva Platone, l’amicizia si dimostra con i fatti.

Nessun commento: