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venerdì 31 dicembre 2010

“Niente scorta voglio il rilancio della normalità”

Castellammare di Stabia - Da nove mesi sindaco di Castellammare, Luigi Bobbio, già pm della Dda napoletana e senatore di An, è da poco reduce da un dibattito nell’aula consiliare sulla fusione di due società comunali. Il primo impegno istituzionale, dopo i sette bossoli trovati sotto casa due giorni fa che hanno seguito le minacce ricevute via email e le scritte ingiuriose per strada. Sindaco, a chi sta pestando i piedi? «A diverse persone cui non va giù il mio attivismo nel ripristinare un minimo di legalità a Castellammare. È da quando mi sono insediato che avverto certe insofferenze». E ora che le insofferenze si sono trasformate anche in minacce? «Per me non cambia nulla, continuo nella mia politica di interventi». Chiederà una sorveglianza particolare, una scorta? «Non è mia abitudine sollecitare sorveglianze nei miei confronti. Non sono preoccupato più di tanto. Spetta ad altre istituzioni dover fare riflessioni di questo tipo, ma da me non partirà di certo alcuna richiesta». In quali realtà crede che i suoi interventi siano stati accolti con tanta insofferenza? «Non è questione di realtà diverse. Con i miei provvedimenti, nell’ambito delle prerogative che mi concedono le leggi, ho cercato di incidere su una quotidianità in cui l’illegalità è diffusa. Tante regole sono violate nella circolazione, nel commercio, nel settore dell’ambulantato. Tanto c’è da fare». Ma c’è stata una vicenda che ha scatenato più delle altre certe reazioni minacciose? «Credo sicuramente il divieto di accendere falò nel giorno dell’Immacolata. Si tratta di una tradizione in cui esistono contiguità di ambienti camorristici, che gestiscono precisi poteri locali. E, mi creda, in questo periodo ho dovuto assistere a vicende davvero scandalose». A cosa si riferisce? «All’apertura di un bar confiscato alla camorra, che veniva gestito in pieno centro cittadino da una famiglia cui era stato ceduto. Sollecitai il pm, ne ho ottenuto il sequestro definitivo. Ora attendo che sia assegnato definitivamente al Comune per farne una sede della polizia urbana». Non teme di farsi sempre più nemici per questo suo attivismo? «Non me ne curo, perché credo nel rilancio della normalità in una città come Castellammare. Una normalità che passa solo per il ripristino di quella legalità nelle piccole cose quotidiane in cui gli enti locali sono spesso mancati non esercitando i loro poteri di intervento». Si inserisce in questo discorso anche la delibera sulle ronde? «Certamente. Se la legge mi assegna delle prerogative, cerco di utilizzarle al meglio per il bene della città.» Esiste un problema di pseudocultura della tolleranza anche per forme di illegalità all’apparenza di poco rilievo? «Sì, è questo il punto e interessa trasversalmente tutti i contesti sociali. Non c’è in molti quella riprovazione che ci si aspetterebbe, quella presa di distanza emarginante verso il delinquente e i suoi atteggiamenti prevaricatori. Come se legalità fosse una parola riservata al lavoro delle forze dell’ordine e basta». Ha trovato collaborazione al Comune? «Ho attuato le prescrizioni della commissione d’accesso. Qualcuno si illudeva che, fatto questo, tutto poteva ricominciare come prima. Non è così. Ho ridotto i dirigenti da undici a otto, rimettendo in discussione le retribuzioni che erano tutte al massimo». Le dà fastidio che la definiscano un sindaco sceriffo? «Se gli si dà un’accezione positiva intendendo chi vuole la legalità, no di certo». Crede che la gente apprezzi il suo lavoro? «Colgo molti segnali positivi tra la maggioranza delle persone di Castellammare. Va detto anche che ho trovato molta collaborazione, soprattutto nella polizia municipale. Insomma, sono fiducioso». (Gigi Di Fiore il Mattino)

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