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venerdì 30 ottobre 2015

Falsi invalidi, ecco i trucchi per smascherarli

Fonte: Dario Sautto da Il Mattino

Torre Annunziata - «Per entrare in casa degli indagati e capire se fossero o meno ciechi, ci fingemmo letturisti della Gori». Con la testimonianza di uno dei carabinieri che ha materialmente condotto le indagini tra il 2012 e il 2013, entra nel vivo il processo ai 19 falsi ciechi (altri 2 sono deceduti nel frattempo, ndr) scoperti tra il Vesuviano, l'area stabiese e la Penisola Sorrentina. Ieri mattina, il pubblico ministero Emilio Prisco ha citato, davanti al giudice monocratico Paola Cervo del tribunale di Torre Annunziata, due militari in servizio alla stazione dei carabinieri di Pompei. «Avevamo ricevuto una lista di 13 nomi di persone che percepivano l'indennità come ciechi assoluti – ha spiegato uno dei testimoni – così abbiamo scelto un modo per entrare in casa di queste persone senza essere scoperti. La Gori ci mise a disposizione abbigliamento e una Fiat Panda bianca con il logo della società, in questo modo fingemmo di essere dei dipendenti impegnati nella lettura dei contatori». Questo stratagemma permise ai carabinieri di verificare il reale grado di cecità degli indagati, isolando 5 persone che erano sembrate «troppo autonome per essere non vedenti». «Una signora si accorse che il portone si stava chiudendo – ha raccontato l'investigatore – e corse per non farlo sbattere, prima di accompagnarci lungo una rampa di scale al contatore; un'altra, invece, ci ha preparato il caffè». I cinque pompeiani, tutti finiti a processo insieme ad altri finti ciechi di Torre Annunziata, Torre del Greco e Castellammare di Stabia, Boscoreale, Poggiomarino, Striano, Vico Equense, Piano di Sorrento, Massa Lubrense e Sant’Agnello, furono pedinati diverse volte, ma anche attirati con un espediente in caserma.
 
«Dovevamo verificare il loro handicap in un luogo non familiare», dunque furono chiamati a fornire finte testimonianze davanti ai carabinieri. «Un'anziana venne accompagnata da una nipote – è il racconto – che le aveva dato una mano a salire le scale, ma solo perché aveva difficoltà fisiche. Una volta finita la testimonianza, disse alla ragazza di stare zitta, che lei ci vedeva bene, e firmò di suo pugno quel documento, individuando anche la “X” dov'era». In questo stratagemma cascò anche un'altra presunta falsa cieca molto più giovane, che risultava anche intestataria di uno scooter poi rubato. Pedinata, la ragazza andava – di giorno e di sera – da casa sua allo studio del fidanzato «saltando alcuni ostacoli, gli scalini e infilandosi tra le auto in sosta, attraversando senza nessuna difficoltà». Il caso più interessante riguarda un 60enne residente in periferia che «camminava a piedi per chilometri, per raggiungere il centro di Pompei o la casa del figlio, in una strada sterrata. Attraversava la strada senza difficoltà, senza l'ausilio di persone, cani guida o bastoni, superava i binari della Circumvesuviana senza inciampare, si fermava a guardare le vetrine dei negozi». Lo stesso 60enne sarebbe stato ripreso «mentre riconosceva, raggiungeva e salutava il comandante dei vigili urbani, ma anche alcuni amici, prima di salire a Palazzo De Fusco, sede del Comune, e assistere al consiglio comunale». Tra gli imputati, tutti ripresi di nascosto con piccole telecamere, c'era anche chi guidava auto e moto, chi correva e saltellava tranquillamente a piedi, chi «indossava occhiali da sole di giorno perché infastidito dalla luce». Le 19 persone a processo avrebbero percepito per anni l'indennità come «ciechi assoluti», anche se l'handicap visivo non sarebbe stato totale. Nella prossima udienza saranno ascoltati altri testi dell'accusa, prima di dare spazio al collegio difensivo.

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