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sabato 19 dicembre 2015

La mancanza di tempo, nemico della lettura?

di Filomena Baratto

Vico Equense - Siamo tutti scrittori e nessuno vuol essere lettore. Ogni scrittore è prima di tutto un grande lettore. Difatti scrive per emulare quello che legge, per voler essere egli stesso creatore e la spinta gli viene proprio dalle letture che fa e che premono per uscire trasformate. Ma ahimè, la lettura ha un grande nemico, il tempo. Chi ha il tempo di visitare le pagine di un qualsiasi libro, anche il più piccolo? Nessuno! Mi sembra la storia di Ulisse. Ma poi abbiamo il tempo della sigaretta, del caffè al bar con gli amici, delle grandi perdite di tempo, ad ascoltare pettegolezzi, e a isolarci, ad andare a zonzo, proiettati al niente credendo che quella sia la libertà. Il nostro tempo dovrebbe avere dei progetti, sì, sapere che cosa ne vogliamo fare, per cosa spenderlo. Spenderlo significa utilizzarlo bene, trascorrerlo a crescere, a impiegarlo per cose utili. Ma andate a dire a un commerciante di leggere un libro, come anche a un farmacista, un muratore, una colf, un notaio, un ragioniere… è come andare a violentarli. Tutti rispondono che non hanno tempo. Tutti vi diranno che il lavoro li assorbe, che i conti li assalgono, che i problemi glielo impediscono e tante altre stupidaggini. Vogliono il tempo credendo di trasformarlo in denaro, ma il denaro non dà la conoscenza. Da ragazza leggevo sotto il mio lettino per non far rumore di sera tardi e non dare fastidio quando giravo le pagine, così come usavo una piccola e fioca luce per non svegliare gli altri. E’ lì che ho letto Via col Vento, Il treno del sole, I Promessi Sposi, Piccole donne, Il richiamo della foresta. Erano tutte scommesse con me stessa, ma leggevo, andavo a scuola e facevo tante altre cose. Voi direte allora che in quest’ottica ci si nasce.
 
Forse, ma serve anche l’esempio. La lettura ha una funzione pedagogica, di riflessione, che non può avvenire diversamente. Non esisterebbero gli ammalati della lettura se non fosse così. E allora che ben vengano i pendolari che nei treni si immergono nel loro romanzo di turno dimenticando che di lì a poco devono scendere; le casalinghe che ritrovano l’ora di “aria” con un caffè e una buona pagina; i papà che vogliono capire che cosa accade ai figli leggendo le loro stesse letture, immergendosi nei binari di nove e tre quarti di Harry Potter, o il poliziotto che, ossessionato dalla vita nevrotica di pantera, si accuccia in guardiola immerso nelle braccia di Elizabeth di “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen o il ragazzo che cerca di carpire il mestiere dall’avvocato Vincenzo Malinconico di “Non avevo capito niente” di Diego De Silva. Benedette letture che stravolgono le nostre vite, ce le fanno amare, ce le fanno capire, ci aiutano a vivere nei momenti difficili, ci spronano quando pensiamo di non farcela. Libri come tanti amici che non ci mollano mai. Una lettura può cambiarci la vita e anche il più ozioso o pigro dei lettori può trovare il coraggio per darsi una mossa e vivere invece di lasciarsi vivere dagli eventi della vita. Conosco fiorai con libri sempre umidi tra gli steli recisi, con le copertine inzaccherate di caffè e di foglie, che leggono tra un cliente e l’altro e, se la copertina langue, vorrà dire che il contenuto sarà servito. Molto meglio un po’ di terriccio e un cerchio di caffè che il buio della libreria dove a volte resta ad ammuffire per anni pieno di ragnatele. La copertina vuol essere stravolta pur di vivere e uscire allo scoperto. Conosco bambini che portano negli zaini le loro storielle preferite che ogni volta che il tempo scolastico lo permette, le cacciano fuori e le raccontano con un fare adulto. E conosco idraulici che, invece di mettere in borsa il manuale del loro lavoro, hanno un libro da cui non si scollano perché vi hanno trovato dentro parole che nessuno aveva mai detto loro. Un libro non delude mai, almeno lui, è sempre di parola! Un libro sfida il tempo, è l’unico che non lo perde, lo trova.

1 commento:

  1. D.ssa Filomena, come sempre le Sue analisi sono molto attente, profonde e vere. In verità il suo rammarico “che non si legge” è anche mio perché con gli anni ho capito che leggendo (anche un po’ qua e là) ci si informa, si approfondisce, si arricchisce la nostra cultura. Stento a comprendere perché “tanti” (troppi) non leggono, non lo ritengono utile o peggio quanto leggono appare in dissonanza con la realtà. Lei bene fa a proporre su questo sito (o con libri ) scritti che trovo molto interessanti, attuali e sicuramente propositivo ai fini di una crescita civile.
    Ma quanto detto è parte di una faccia della medaglia! A mio avviso, (con la stessa intensità emotiva) - pur senza entrare in dispute ideologiche che in questa sede sarebbe fuori luogo – perché non tratteggiare almeno alcuni dei limiti che sicuramente contribuiscono ad ignorare la lettura intesa come cultura e collante sociale? Mi limito a fare un esempio: è mai possibile che un organismo come l’UNITRE a Vico non debba avere una sede idonea e non elemosinare la disponibilità di un vano per gli incontri programmati ove elaborare temi morali, culturali e ricreativi, pur in presenza di una disponibilità gratuita dei docenti ai quali, tutti, rivolgo infiniti ringraziamenti ed auguri di Buone Feste?

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