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domenica 26 febbraio 2017

A sinistra nasce Mdp, voglia di votare Orlando

Roberto Speranza e Pierluigi Bersani
Fonte: Claudia Fusani da L’Unità

Bambini che dipingono, altri che zappano, i grandi che discutono, il mercatino biologico, il bar eco, win e bobine elettriche diventate tavoli. Guglielmo Epifani spunta da un capannello, Nico Stumpo siede più distante con Massimiliano Smeriglio, Enrico Rossi e Roberto Speranza parlottano fitto, D'Attorre e Gotor spiegano perché si chiameranno Mdp, acronimo di «Movimento Democratici e Progressisti». Per la loro prima vera uscita pubblica scelgono un luogo a cui la sinistra romana è da sempre molto legata, l'area dell'ex mattatoio al Testaccio, ora si chiama la Città dell'altra economia, c'è chi ricorda, con nostalgia, il concerto di De Gregori alla festa dell'Unita del 1999. È una specie di forte, chiude un'area molto grande, in un angolo sventola la bandiera del Pkk curdo, dall'altro una vecchissima bandiera rossa. Sono gli unici arnesi di una cassetta degli attrezzi che ha fatto il suo tempo. Una settimana dopo, dalla foto di gruppo esce Emiliano ed entra Scotto. «In effetti sembra tutto un po' più coerente, un po' più a sinistra» borbotta Davide, romano, 35 anni, «un lavoro stabile», stretto in questa scatola di sardine che è la libreria dei ragazzi della Città dell'altra economia.

Oltre ad Emiliano, una settimana dopo la riunione al Teatro Vittoria a pochi metri da qua, sono spariti anche «Bandiera rossa», le bandiere rosse e altre suppellettili d'antan. «Dai, su, non scherziamo, questo deve essere un progetto politico non una roba da reduci» sorride Silvia, 40 anni, i bimbi che costruiscono qui fuori con il cartone.
Democratici e progressisti 
L'incontro è a metà tra la conferenza stampa e un momento di presentazione pubblica. Alle spalle del tavolo degli oratori un cartello grigio che recita: «Artico lo 1 della Costituzione, L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro». Sotto una mail, info@democraticiprogressisti.it. Sarà il nome del nuovo soggetto politico a sinistra del Pd ma un più a destra di Si e Rifondazione. Miguel Gotor lo mostra sul cellulare: «Ci chiameremo cosi, Movimento democratici e progressisti». Acronimo Mdp, o solo Dp che, per i nostalgici, è Pd al contrario. Arturo Scotto chiede proposte «alla mail che vedete qui dietro, qui non c'è un comitato centrale...». Saranno un cinquantina, tra Camera e Senato, «faremo i gruppi in entrambi i rami del Parlamento» assicura D'Attorre. Che tradotto dalla poesia significa soldi (circa 50 mila euro l'anno per ogni parlamentare) e soprattutto posti sicuri nelle liste quando sarà il mo mento di farle. Qui sono tutti per una legge elettorale proporzionale, sbarramento al 3 o al 4.1 sondaggi oggi li danno intorno al 6% con un potenziale fino al 9 (ma al Pd porterebbero via intorno al 2,2). L'incontro ha una sua scaletta. Intanto in platea scorre un tema: votare alle primarie per spingere Orlando, «in fondo quella è stata anche casa nostra». Il primo è Roberto Speranza, golf blu, applausi per lo scissionista più di peso. Bersani non c'è, D'Alema neppure. «Il lavoro è il nostro simbolo e il nostro programma. Oggi è il primo passo di un percorso che richiederà un confronto largo per costruire una grande forza di sinistra e non certo una ridotta». Scuola, job's acte ambiente «le fratture con il nostro popolo che devono essere ricucite». Parla Benedetta Rinaldi, studentessa ventenne, a occhio una che dovrebbe essere recuperata dall'astensionismo o altre esperienze. Tocca ad Enrico Rossi, il veterano dei tre, piace che abbia messo sul tavolo la parola «socialismo». Non nomina mai Renzi, «il nostro nemico sono le destre e i populismi». Scalda i presenti con alcune parole d'ordine: «Sì alla patrimoniale per i ricchi»; «lo Stato sociale non è un costo ma un investimento sul futuro»; «il capitale è nostro amico se investe e distribuisce»; «i 17 miliardi di flessibilità sono stati spesi male»; «noi vogliamo essere maggioranza». Fabio Roncato è uno studente lavoratore di Massa. Era di Sei, poi di Si, una settimana fa a Rimini «ero molto giù di morale, oggi sono più fiducioso. Vedo facce che mi piacciono. Speranza, Epifani, gente solida per un campo di centrosinistra unico in grado di arginare destre e 5 Stelle».
Subito lo ius soli 
Parla Elvira Adamo, filippina di seconda generazione. Ai Democratici e progressisti chiede subito un impegno vero: «Approvate la legge sulla cittadinanza ferma al Senato». Chiude Scotto che dice «stop al tempo dei rimpianti, oggi noi siamo la speranza per chi non ha reddito ne lavoro». La speranza, anche, è che Si ci ripensi. Marco ha 32 anni, un lavoro stabile ed è «contento di aver ritrovato una casa a sinistra». Anche una forza di maggioranza? «Non è importante vincere subito - riflette - sarà un lavoro lungo». Silvia Ricordy ammette che «non è facile stare fuori dal Pd» e chiarisce che vuole «una forza maggioritaria, riformista, progressista e di governo». Finiti gli interventi, si passa ai capannelli. Dominati da un tema: partecipare comunque alle primarie del Pd il 30 aprile. «Per mandare avanti Orlando e così magari se ne riparla». Il Pd è una casa casa difficile da lasciare.

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