La questione è molto semplice. Bisogna fare i conti con i numeri, che dicono: due seggi alla Camera e due al Senato per il
Partito Democratico in provincia di Salerno. I calcoli in queste ore convulse si fanno sugli uscenti (Iannuzzi e De Luca a Montecitorio; Manzione e De Simone a Palazzo Madama). E, allora, si comprende bene che la partita è giocata sul filo di equilibri regionali ben noti: bassoliniani e demitiani da una parte (Iannuzzi-De Simone) e deluchiani-antidemitiani dall’altra. Se – per esempio – l’anima popolare decidesse di fare scendere in campo Alfonso Andria (da Roma segnalano quotazioni al rialzo), è chiaro che si indebolirebbe la candidatura di Andrea De Simone (stessa area, che con Iannuzzi e Andria arriverebbe a contare tre candidature su quattro). Insomma, per un Vincenzo De Luca che resta a fare il sindaco e candida Alfredo D’Attorre, manca ancora all’appello il secondo nome di osservanza anti-bassoliniana di area ex diesse. E a complicare le cose arriva la sorpresa del cinquanta per cento di quote “rosa”: se passerà definitivamente questa regola in tutta fretta sarà necessario individuare una candidata. E a questo punto la questione si ingarbuglia ulteriormente perché non è detto che Iannuzzi debba per forza andare alla Camera e Andria al Senato: potrebbe anche accadere che Iannuzzi capeggiasse la lista al Senato e Andria, quindi, si ritroverebbe alla Camera. Sempre in attesa di sciogliere il nodo De Mita per il quale, comunque, sarà richiesta la deroga.
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