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domenica 4 maggio 2008
Pragmatismo vesuviano
Grandi novità, comunque la si pensi. Le elezioni di aprile sembrano aver instaurato un clima bipartisan che, per un verso, si nutre dell'estrema debolezza della sinistra e, per altro, segnala la sorprendente capacità della destra di unificare il paese. Sono le parole d'ordine di Berlusconi, Bossi e Fini— sicurezza, detassazione, protezionismo — ad aver fatto breccia trasversalmente nell'elettorato, dando vita a un discorso politico nazionale che promette di mandare al macero i linguaggi divisivi degli ultimi decenni. Una svolta, se tale sarà, storica. E tuttavia il programma della destra riflette i problemi delle aree centro-settentrionali, più che di un Sud afflitto dalla grande criminalità, dal collasso amministrativo, dalla disoccupazione, eccetera. Il che significa che la sinistra meridionale si trova oggi di fronte a una duplice sfida: il messaggio unitario della nuova maggioranza e il suo sbilanciamento territoriale. Ovviamente, com'è già successo in passato, quella sinistra potrebbe rifiutare la strada del confronto propositivo e, aggrappandosi ai territori che ancora controlla, come la Campania , riesumare la parola d'ordine del Mezzogiorno all'opposizione. Ma una simile scelta, che pure venne fatta da Bassolino ai tempi del primo governo Prodi, appare ormai irrealistica. Sarebbero per primi i Veltroni, i D'Alema, i Bersani a reagire con fastidio a un neo-rivendicazionismo vesuviano. Che il Sud goda di pessima stampa è noto. Quel che, più ragionevolmente, tocca al suo ceto politico di sinistra è tradurre alla scala del Mezzogiorno (per quanto possibile) le future policies governative, utilizzando lo spazio di dialogo che il centrodestra sembra offrire. Senza consociativismi, ma anche senza velleità di autosufficienza. Sono probabilmente queste le intenzioni del pragmatico Antonio Bassolino, che infatti già plaude alla prossima venuta a Napoli del Cavaliere. Ma la svolta, per l'alleanza che tuttora regge la Regione , non sarà comunque facile, richiedendo flessibilità culturale oltre che prontezza politica. In un modo o nell'altro, alla sfida della destra dovranno rispondere personalità come Ciriaco De Mita, che dell'antiberlusconismo e dell'antileghismo ha fatto un biglietto da visita. O partiti come Rifondazione, per i quali il verbo liberale del nuovo governo resta un piatto indigesto. Per non dire del Pd. Delle molte anime dei democratici campani, chi cercherà di conquistare la pole position nella corsa al Mezzogiorno bipartisan? Chi accetterà di cambiare pelle, reagendo al cambio di pelle del paese, Nicolais o Cascetta, De Luca o Cozzolino? A simili questioni, come raccontano le cronache, gli innumerevoli pezzi della sinistra campana stanno lavorando intensamente. E, per una volta, sarebbe ingeneroso liquidare il tutto come l'ennesimo bizantinismo della casta. La posta in gioco, al contrario, è di sostanza. Anzitutto perchè in ballo ci sono gli enormi problemi strutturali della regione. E in secondo luogo perchè dalla risposta che quella sinistra darà a una congiuntura politica molto speciale dipenderà la sua stessa sopravvivenza. (Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno)
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