L’intervento “restaurativo” che si sta ormai portando a compimento alla Marina di Equa di Vico Equense, attraverso i materiali e le tipologie metodologiche di intervento ha praticamente, senza alcuna ombra di dubbio snaturato e deculturalizzato un antico borgo marinaro. Il tutto è stato ed ancora è contrabbandato come una sorta di scelta “progettuale minimale” laddove invece si tratta di vera e propria sciattezza. Il risultato di questa operazione è quello di aver accomunato la Marina d’Equa alle località balneari di quart’ordine, tendenza che si sta affermando anche per l’altro borgo marinaro di Vico Equense, quello dell’antica Marina di Vico ai piedi del Castello Angioino. L’intervento posto in essere a Marina di Equa ha fatto proprio la moda più kitsch del momento, e cioè quella di utilizzare pietra dell’Etna dovunque, spacciandola da pietra del Vesuvio. Così l’antica piazzetta è stata pavimentata tutta in questo modo: su questa, tra l’altro, si è consentito di parcheggiare le auto mentre i materiali erano ancora freschi: non è difficile prevedere lo svellimento delle lastre etnee in pochi mesi. Il danno più consistente però è stato quello di demolire il familiare muretto protettivo, “luogo” di piccole soste, modo di rapportarsi al paesaggio e caratteristica morfo-tipologica dei litorali mediterranei, e al suo posto è stata messa un’anonima ringhiera di ferro zincato, simile a quelle utilizzate in località periferiche urbane. Un “non luogo” incongruo e oggettivamente brutto, fatto ad uso è consumo di qualcuno, soprattutto delle tante attività ristorative della zona, cui la ringhiera si è “adeguata”e sulle quali non è stato previsto alcun intervento, lasciando praticamente inalterate strutture abusive che gravano sul demanio. Per la pavimentazione del nuovo marciapiede di via Arcoleo sono stati utilizzati scheggioni di basaltino di scadente qualità, messi in opera a mo di sampietrini: un’operazione fittizia che manifesta tutto il suo essere falso e poco resistente. Infine, il nuovo sistema di illuminazione che è assolutamente fuori contesto e contrario al carattere del luogo, omologandolo alle tante aree del turismo “mordi e fuggi” della costa domitia. La cosa che lascia basiti è che questi interventi sono stati fatti in un’area di grande valore paesistico ambientale e storico archeologico: accanto alla torre normanna del IX secolo, e in una zona che, proprio in occasione dei lavori, ha evidenziato tracce di preesistenza romane ( il nifeo di una villa patrizia nella piana di Equa e l’antica pavimentazione in cotto della cappella di Sant’Antonio ). Il tutto fa quell’effetto di nuovo artificiale che accontenta la maggior parte della gente, ma che non può passare inosservato ad un occhio attento. La domanda da porsi è: perché un progettista agisce in modo tanto superficiale quando l’architettura e le tecnologie costruttive di tipo conservativo impongono attenzioni e metodi completamente diversi? Non possiamo non far sentire la nostra voce riguardo l’ennesimo intervento su un’importante area costiera, progettato senza un concorso di architettura, come si dovrebbe fare dovunque su aree del genere, e realizzato con la solita logica del massimo risparmio.
Franco Cuomo - Docente a Contratto di Cultura del Progetto alla Federico II
Giuseppe Guida - Docente a Contratto di Urbanistica alla Federico II
A morte il geometra che ha disegnato questa porcheria!
RispondiEliminaE il mare continua ad essere zozzo....
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