Agli occhi di tutti i fili della politica napoletana e campana si sono ormai aggrovigliati in modo del tutto inconcludente. Dove sono i partiti che a suo tempo per le elezioni assunsero il governo locale? Quali i loro rapporti con gli attuali organi e responsabili delle amministrazioni? E l'opposizione con la sua cronica debolezza di voci e di proposte? E, intanto, una insoddisfazione generale e palpabile è dilagata nell'opinione pubblica. Ben si comprende, perciò, che si parli oggi di fare a meno dei partiti già sperimentati per troppi anni. Che si parli, cioè, di liste civiche non solo al di fuori, ma contro i partiti, con l'intento di allontanarli da ogni pubblica responsabilità. In se stesso, questo è apprezzabile, poiché indica una più vigile e attiva presenza della spesso evocata «società civile», la cui latitanza o assenza è sempre stata denunciata dai politici come causa eminente delle loro insufficienze. Il che non era nemmeno sbagliato, ma a lungo andare si è trasformato solo in un alibi infelice, poiché la politica non è riuscita né a muovere le cose da sé, né a mobilitare la società imputata di renitenza o assenza. E perciò, se oggi la società grida alla politica e ai politici un «ora basta» così forte, nessuno può sorprendersi (e meno che mai i politici possono cavarsela parlando di «trame » di «poteri forti», dai quali, però, essi si sono fatti qui a lungo appoggiare). E, tuttavia, neppure questa petizione di civismo politico appare, peraltro, da applaudire senza condizioni. La disfatta della politica non è mai un bene, anche se è proprio la politica a provocarla. Nessuna società può fare a meno della politica e dei partiti. Nella vita nazionale, oggi che si discute di federalismo, politica e partiti sono poi più indispensabili che mai. Ma la delegittimazione che la politica di Napoli e Campania si è procurata può essere risanata? Un modo sarebbe che i partiti rispondessero essi all'esigenza di civismo politico, costruendo le liste di partito come liste civiche, passando sopra ogni loro prassi interna e senza ospitare solo qualche «nome » per mostrarsi «aperti alla società». I partiti dovrebbero, cioè, provarsi in grado di agire come tali andando oltre se stessi, e immedesimandosi col non-partito delle spinte civiche, che oggi bussa più forte alle porte della vita pubblica. Ma per questo bisognerebbe interrompere l'attuale gioco della sopravvivenza a tutti i costi; accettare che si ricominci da capo, senza temere le facili ironie sui «nuovi inizi »; non porre indugi di tempo o di merito all'avvio di una fase diversa. Cioè, proprio quel che oggi appare qui meno probabile. Il risultato sarà che Napoli e la Campania si ritroveranno politicamente più deboli, o per liste civiche maturate al di fuori di forti connessioni nazionali, o per partiti che continuino a essere come oggi. E se si pensa che già ora l'ascolto nazionale della politica napoletana e campana è ai minimi termini, poco ci si può consolare osservando che è tutta la politica italiana a trovarsi oggi come si trova. Più che mai, il mal comune non è gaudio di nessuno.
(Giuseppe Galasso da il Corriere del Mezzogiorno)
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