Riccardo Villari, in barba alle richieste del suo partito, ha deciso di tirare avanti per la sua strada. Prima ha chiesto di incontrare Fini e Schifani (ma il presidente del Senato era a San Pietroburgo, quindi bisognava attendere qualche giorno) e poi ha assicurato che si sarebbe dimesso quando Pd e Pdl avessero trovato un nome condiviso. Ebbene: quel nome è arrivato, è Sergio Zavoli. E Villari che fa? Si dimette? Neanche per sogno. Convoca la commissione di Vigilanza Rai e annuncia di non voler abbandonare il suo incarico. Il Pd, nel frattempo, decide di espellerlo dal partito.
Walter Veltroni: «Il comportamento di Villari è pazzesco».
Elogio delle dimissioni:
RispondiEliminaPrendo spunto ( e unicamente quello) dalla ridicola situazione che ha creato Villari per parlare di un atto semplice e banalissimo che nei paesi come quelli anglosassoni è interpretato come un’atto dovuto di civiltà e di coerenza mentre in Italia è una cosa rarissima e viene scambiato per debolezza: Dimettersi
Farlo poi spontaneamente in situazioni dove non si è costretti a farlo e magari facendolo si rinuncia anche a qualcosa ( una carica , un’emolumento etc ) aumenta la stima verso se stessi ad anche quella degli altri nei tuoi confronti (escluso i nemici che naturalmente la confondono per vittoria). Il trucco per non dimettersi mai è poi molto semplice : dare sempre la colpa agli altri e non prendersi mai delle responsabilità, negare perfino l’evidenza! In questo modo ci sarà sempre qualcuno complice o motivo dei tuoi sbagli o addirittura che prova che a sbagliare non sei tu…. ma gli altri.
Adrià si gruoss!!!
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