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martedì 30 giugno 2009
Iannuzzi: siamo stati troppo teneri col premier
La fusione a freddo tra Ds e Margherita in Campania raggiunge quota sotto zero. Ecco affrontarsi durante la direzione regionale del Pd gli ex popolari e i bassoliniani. Le linee sono agli opposti. L’appello alla collegialità dei bassoliniani, di cui è portavoce in segreteria Antonio Marciano, naufraga non appena il segretario regionale Pd Tino Iannuzzi apre bocca. Tre ore di riunione prima della direzione del partito e invece di discutere sulla base di una linea condivisa in vista dei congressi (nazionale e regionale), Iannuzzi spara a zero. Il risultato elettorale, la sconfitta nelle tre province, per il segretario è figlia di una «drammatica rottura tra i cittadini e le istituzioni. Anche Bassolino (che sta in prima fila, ndr) lo ha detto: si è chiuso un ciclo. Che ha lati positivi ma anche molte ombre e ritardi. Non lo dico per mettere nell’angolo qualcuno, ma per ricostruire il partito e rimarginare una ferita. Non servono discontinuità mascherate, ma vere novità nelle leadership, nelle proposte, nelle alleanze. Altrimenti rischiamo la sconfitta». Poi passa all’ultimo rimpasto regionale. «Non giudico le persone, ma sono critico e preoccupato per l’ultimo rimpasto — spiega Iannuzzi —. In piena emergenza rifiuti il partito si fece carico di concordare e supportare gli obiettivi della nuova giunta. Ma ora cosa accade? Non sono rappresentati interi territori. Sono stati chiamate personalità con una netta connotazione politica, senza rispettare il pluralismo del Pd. Così si alimentano conflitti nel partito». E poi ancora il rapporto con il governo nazionale: «In questo anno di collaborazione con Berlusconi c’è stato un atteggiamento troppo accondiscendente, troppe ingiustificate aperture di credito da parte delle istituzioni locali».Si susseguono gli interventi di Valiante, Cozzolino, Armato (casualmente Bassolino si allontana), Sommese. Tocca al governatore che ignora tutto quello che Iannuzzi ha appena detto. Lo schiva, non gli risponde e non lo nomina. La sua idea, ovviamente, è opposta. Per Bassolino bisogna uscire dalla dicotomia discontinuità-continuità. «Perché abbiamo perso comunque nelle tre province pur presentando uomini noti e uomini nuovi ». De Simone e Villani da una parte, Nicolais dall’altra. «Non si può scindere l’analisi del voto dal congresso — spiega —. Se la separazione è netta rischiamo la tristezza». Dunque inutile «irrigidirsi» su posizione tafazziane. E poi conclude: «Dobbiamo puntare, tutti insieme, a portare le istituzioni alla loro scadenza naturale: promuovendo nuove generazioni di amministratori e di dirigenti politici. Se facciamo questo non è detto che perdiamo». (Simona Brandolini il Corriere del Mezzogiorno)
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