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sabato 3 ottobre 2009
Marino e le «doparie»: così il vero ricambio
«I giochi non sono chiusi. Ai congressi di circolo ha votato solo un decimo dei potenziali elettori delle primarie». I numeri non lo scoraggiano. La partita è ancora tutta da giocare per Ignazio Marino, in corsa con Franceschini e Bersani per la segreteria nazionale del Pd, e per il suo candidato regionale, Franco Vittoria, che dovrà invece vedersela con Amendola e Impegno. Il 4 per cento raggiunto in Campania, e soprattutto il 6 per cento che secondo i dati in suo possesso avrebbe ottenuto Vittoria (contro il 3,96 del risultato fin qui ufficiale), fanno dire al senatore ligure, ieri a Napoli, che la sua mozione rappresenta la sfida della modernità. Zaino in spalla e laccio rosso al braccio, simbolo della battaglia per la libertà di informazione, Marino va all’attacco dei suoi competitori. «Franceschini e Bersani - dice - appartengono al ’900. Lo dicono anche i risultati di questa consultazione: c’è un legame tra gli iscritti e i due importanti partiti del secolo scorso, incarnato dai leader delle altre due mozioni. Pur nel solco della grande tradizione socialista e cattolica, il Pd deve essere in grado di fornire oggi risposte chiare e moderne». Li accusa per non aver risolto, quando erano maggioranza di governo, il conflitto di interessi che investe il premier Berlusconi. E si accanisce su Bersani: «Ha la faccia tosta di tappezzare le città chiedendo il voto il 25 ottobre, annunciando sin da ora che vorrà rivedere lo statuto: un modo per dire votatemi oggi, la prossima volta, però, non vi farò scegliere». Giù le mani dalle primarie, il grido d’allarme del chirurgo folgorato dal metodo di selezione della classe politica made in Usa, dove ha lavorato a lungo. Un metodo da abbinare anche a un altro strumento, tanto nuovo da meritare un neologismo. «Servono le ”doparie” - dice Marino - una valutazione di quanto realizzato dagli amministratori». Il suo ragionamento parte dall’esigenza di rinnovamento della classe dirigente in Campania. «Non possiamo nasconderci dietro un dito: qui e in Calabria serve un ricambio. Ma anche a Roma bisognerebbe considerare l’operato dei singoli parlamentari. E poi dopo due mandati, via, si va a casa». Per il candidato regionale, Vittoria, che supererebbe Marino di due punti percentuali grazie ai consensi raccolti nella sua Irpinia, «si sta aprendo una terza via nel Partito democratico. Un partito non ripiegato sulla gestione, ma aperto al confronto con la gente. Va rivista l’organizzazione del tesseramento: sotto congresso c’è la corsa alle tessere, ma i circoli, come abbiamo potuto constatare in questa tornata, sono privi di dibattito». (Enrica Procaccini il Mattino)
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