«È più facile dividere l’Australia che riunificare la Polinesia», sintetizza uno sconsolato Fabio Mussi. Lui è forse quello che ci aveva creduto di più, al tramonto dei Ds, nella possibilità di costruire una «Linke» all’italiana a sinistra del Pd. E ora, dopo aver «sbattuto più volte la testa contro il muro», anche «l’impaziente» Mussi ha optato per «i piedi di piombo». Prima i Verdi con il loro congresso vinto da Bonelli sulla linea indipendentista, ora lo strappo dei socialisti di Nencini, pronti alle carte bollate per impedire a Vendola e compagni rimasti di usare il simbolo «Sinistra e libertà» che tutti insieme avevano sottoscritto dal notaio. «La squadra delle europee non c’è più», constata Mussi. Sono passati solo due mesi dalla festa di Sl a Napoli, che pur tra mille resistenze aveva dato “dal basso” il via alla costruzione del nuovo soggetto politico. E ora la gelata. «Spero che da qualche parte arriveremo, ma bisogna capire bene che progetto può uscirne...», avverte Mussi. Non tutti la pensano come lui tra i sopravvissuti di Sinistra e libertà, che sono i vendoliani ex Prc, la Sinistra democratica ora guidata da Claudio Fava, gli esuli del Pdci di Umberto Guidoni e i verdi dissidenti di Cento e Francescato. I toni di Fava, ad esempio, sono assai diversi. «Sinistra e libertà è un processo che non appartiene a qualche segretario, ma al Paese. C’è un’attesa, un’urgenza, già 40mila persone hanno aderito». Insomma, si va avanti, verso l’appuntamento decisivo, l’assemblea del 19 e 20 dicembre. «Volevamo fare un nuovo soggetto politico e quello faremo», rincuora i militanti Vendola, che proprio ieri ha sfidato i partiti annunciando la sua ricandidatura a presidente della Puglia. «Mi candido nel nome del popolo della legalità, della precarietà e dei bambini, ho interrotto il giro di valzer con i partiti, ora tutti devono giocare a carte scoperte». Vendola ha chiesto a Michele Emiliano di coordinare la sua campagna, si è detto pronto alle primarie e ha lanciato una sfida all’Udc: «Mi spieghino perché io sono un problema». L’ennesima «sfida impossibile» per lui, che si intreccia con le difficoltà del suo partito che ancora non c’è. E proprio tra i suoi fedelissimi non manca chi gli rimprovera qualcosa sul doppio-lavoro. «In questi mesi ha pensato solo alla Puglia», sussurrano. Nencini, intanto, annuncia battaglie legali anche sul simbolo modificato, quello varato a Napoli, «Sinistra, ecologia e libertà». «Non credo che potranno usarlo», avverte, accusando gli ex compagni, a partire da Vendola e Fava, di aver «tradito» i patti e arrivando persino a mettere in discussione l’appoggio a «Nichi» in Puglia. «Hanno forzato sul nuovo partito, gli accordi erano che noi non ci saremmo sciolti». Su Nencini, del resto, piovono accuse: per aver stretto un accordo per una lista comune col Pd nella sua Toscana, già dal luglio scorso. Per aver fatto oscurare il sito di Sl (ne è nato un’altro provvisorio). Lui nega: «Sul sito abbiamo deciso insieme a Verdi e Sd». «Ha una visione antica e egoista della politica, ma tra i suoi militanti c’è già chi ha scelto noi», attacca Fava. «Fa politica solo con le carte bollate», incalza Gennaro Migliore. «Si svegli dal sonno della burocrazia..». Continua Migliore: «Chissà, forse senza di loro andrà meglio:tanto peggio di così...». Si litiga anche sulla piazza del 5 dicembre: Sl ha aderito, Nencini no: «Sl non esiste più». Intanto nei Verdi si parla di espulsione per Cento, Francescato e gli altri dissidenti. «Non si può fare i dirigenti di due partiti diversi, sembra un film di Buñuel», li strapazza Bonelli. E ora che succede? I «reduci» proveranno ad andare alle regionali col nuovo simbolo. Dopo il voto il congresso fondativo, sempre che non prevalga la diaspora, chi verso Ferrero, chi verso Bersani e chi con Di Pietro. «Noi col Pd? Una stupidaggine», dice Fava. Ma Mussi è più cauto: «Se Berlusconi ci precipita al voto anticipato, bisogna ripensare tutto, neanche un voto può essere buttato...». (di Andrea Carugatitutti l’Unità.it)
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