Continua la strenua battaglia tra i sostenitori dell’anonimato sul mercato del web, che si fanno forza invocando l’irrinunciabile libertà di espressione in una moderna società democratica, e coloro che definiscono l’anonimato un mezzo troppo spesso utilizzato in maniera impropria per ledere la dignità di altre persone o di istituzioni. Ma l’anonimato in internet rappresenta “crescita e maggiore interazione coi lettori” o sempre più “sfogo di umane frustrazioni”? Senza inoltrarci in dissertazioni psico/sociologiche, soffermiamoci su due argomenti specifici e che ci riguardano molto da vicino: i giornali e i blog locali. E’ divenuta ormai prassi consolidata lasciare ampia libertà ai lettori di commentare gli scritti quasi sempre fissando i soliti paletti, tipo che: i commenti non devono contrastare con le norme di legge, con la morale corrente e con il buon gusto. Ma, nella realtà, tutto questo accade? A scorrere i commenti, pochi sono gli anonimi che si mostrano sensibili, educati, equilibrati e, soprattutto, disposti a postare i propri commenti strettamente legati all’argomento proposto. Molti invece, forti appunto dell’anonimato, in spregio all’argomento trattato, fanno largo uso di allusioni, offese, insulti, delazioni e, nei casi più gravi, di minacce. In ambito strettamente locale e nei casi estremi, tali comportamenti scorretti arrivano con facilità, non solo ad aggirare ed infrangere la legge, la morale e il buon gusto, ma a colpire seriamente le persone nella loro dignità. Dietro un commento, anche apparentemente innocuo e che l’amministratore del sito ha lasciato passare, si possono celare gratuite e pesanti accuse, umiliazioni, ingiurie, diffamazioni. L’anonimo sferra l’attacco, senza fare il nome della sua vittima ma, semplicemente, facendo uso di parole, appellativi, situazioni e riferimenti ben conosciuti in una comunità locale. In questi casi estremi, ma divenuti troppo frequenti, a poco valgono il filtraggio dei commenti prima di immetterli in rete, la responsabilità dell’amministratore su ciò che viene pubblicato e l’identificazione del computer di provenienza. Che fare allora? Bella domanda! In attesa di una normativa più restrittiva, che comunque si prevede di difficile applicazione, dovrebbero prevalere i principi di civiltà, di responsabilità, di coraggio e di buon senso. L’anonimato, ben inteso, in certi casi serve. Serve in un regime totalitario come in Iran, dove esprimere palesemente un pensiero “contro”, significa ritrovarsi impiccati in pubblica piazza il giorno dopo. Serve, speriamo sempre meno, in terra di camorra e di mafia dove chi ha il coraggio di denunciare assassini e attività criminali, ancora oggi, rischia di pregiudicare per sempre al sua esistenza. Ma, in una società civile e democratica, è giustificabile ricorrere all’anonimato per esprimere un giudizio sul vicino di casa, sul paesano, sul collega di lavoro, sul politico? E infine chiediamoci: quale funzione sociale stanno svolgendo i giornali, i blog, i forum e i social network in genere i quali si avviano sempre più a incoraggiare questo popolo di irresponsabili? E…volutamente non uso un altro termine. Il dibattito è aperto. (Gino Amato da Positanonews)
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