“Enrico Letta ha scoperto, - dice Antonio Di Pietro sul suo blog - e ne siamo venuti a conoscenza tramite le sue ambigue dichiarazioni, che Berlusconi non è uno statista. A questa presa di coscienza io arrivai durante gli anni di tangentopoli. Ora sono alla fase due: Berlusconi non solo non è uno statista, ma è anche un poco di buono. Ci troviamo di fronte ad una persona coinvolta in diversi reati, dalla corruzione all’evasione fiscale, al falso in bilancio e, forse, anche qualcosa di più. Se l’incipit del discorso di Letta è ambiguo, il resto è imbarazzante e merita una rettifica per sgombrare il campo da messaggi ambigui e lapsus freudiani. Letta, nella sua intervista pubblicata oggi dal Corriere della sera, afferma che “il Pd non cercherà scorciatoie" per far cadere il governo, ma seguirà “la strada maestra delle urne” e - aggiunge - “il Pd considera legittimo che, come ogni imputato, Berlusconi si difenda nel processo”, e fin qui lo seguo, e “dal processo”, e qui mi perdo. E si perdono anche gli elettori. Difendersi “dai processi”, infatti, è quello che sta facendo senza tregua dal primo giorno di legislatura questo presidente del Consiglio, e lo sta facendo a spese degli italiani. Il fatto che il 5 dicembre migliaia e migliaia di cittadini manifestino in tutta Italia e in molte città del mondo contro Berlusconi, ad esempio, cos’è, una “scorciatoia?”. Chiedere a questo premier di andare a testimoniare nei processi che lo vedono coinvolto o chiedergli di riferire in Parlamento piuttosto che a ‘Porta a Porta’, è una scorciatoia? Se dovesse arrivare a Berlusconi un avviso di garanzia per le stragi del ’93 dovrebbe difendersi “dal processo”, depenalizzando i reati ascrittigli, come ha già fatto in altri processi? Urlare per difendere l’uso delle intercettazioni, o sussurrare che non passerà una sola legge ad personam, significa “non percorrere la strada maestra?”. Battersi, notte e giorno, contro Berlusconi in Parlamento e nelle piazze, non significa tentare “scorciatoie” per disarcionare un presidente del Consiglio, ma evitare che l’Italia scivoli in un modello di repubblica sovietica che piace a pochi e umilia molti. La strada “maestra” non può essere quella della solitudine dettata da complessi di primogenitura o da logiche separatiste, poiché sarebbe una strada senza sbocco. Caro Enrico, se soltanto quest’uomo si facesse processare, secondo la legge, tu ed io non saremmo neanche qui a parlare di lui, se non con un pallottoliere per contare gli anni che dovrebbe scontare prima di tornarsene ad Arcore. Questa maggioranza non è una maggioranza “di governo”, ma una maggioranza ricattata o complice. O quantomeno pilatesca, ridotta all’esecuzione dei voleri di una persona. La nostra democrazia ha trovato il suo punto debole nella XVI legislatura con questa maggioranza, andata al governo con certe promesse elettorali, salvo poi rimangiarsele mettendo in scacco il Paese. Ma quale strada maestra? Quale maggioranza? Qui siamo trattati a “Pravda e manganello”, caro Enrico. Spero di vederti il 5 dicembre, a Roma, al No B Day. Io e l’Italia dei valori ci saremo, anche con la pioggia, per ascoltare dal palco i lavoratori in cassa integrazione e i precari senza futuro. Così come saremo alla vostra manifestazione dell’11 e 12 dicembre. E’ il contatto con la gente che non bisogna mai perdere per non diventare dei “berluscones”: questa è la sola, ed unica, strada maestra, il resto è politichese da quattro soldi. Il 5 dicembre, a Roma, vedremo chi dei tuoi colleghi sta con la gente e chi si chiude nel bunker. Spero tu sia tra i primi."
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