Due vicende politiche a confronto. Anzi, allo specchio, nella loro apparente immobilità. Da una parte il centrodestra, che dopo la pesante tegola caduta sulla corsa lanciata verso la candidatura del suo leader regionale, Nicola Cosentino (il quale ieri ha ufficialmente comunicato a Silvio Berlusconi di rinunciare alla candidatura per «evitare di affrontare«due battaglie: quella elettorale e quella giudiziaria»), ora si trova a dover gestire la designazione dall’alto di Stefano Caldoro; e dall’altra il centrosinistra, alle prese con la divaricazione di posizioni sempre più ampia tra il sindaco di Salerno, Enzo De Luca, e il governatore Antonio Bassolino, e con le sue mille lacerazioni interne. «Chiunque sia il candidato presidente», commenta Luigi Compagna, senatore del Pdl e docente di Scienze politiche, «è interesse di tutti che Nicola ne diventi il kingrnaker: un centimetro dietro Berlusconi, mezzo centimetro al di sopra di tutti gli altri. E la candidatura di Caldoro va proprio nella direzione giusta». E la coda di resistenza che è stata espressa al Senato in un documento che, tra l’altro, riporta anche la sua adesione, come deve essere interpretata? «Non intravedo alcuna mancanza di lealtà, ma una preoccupazione, sebbene espressa senza equilibri lessicali: è comprensibile il timore di sentirsi delegittimati da una scelta che viene suggerita dal livello nazionale del Pdl, ma io credo che Caldoro saprà mitigarne tutti gli effetti. E poi, la mia preoccupazione nasce tutte le volte che sento pronunciare la frase “la Campania può fare da sé”. La politica regionale non può essere separata dal contesto nazionale. Il regionalismo autoreferenziale, lo abbiamo imparato a spese di tutti, è il peggiore esempio offerto dalla sinistra». Insomma, il leader degli industriali, Gianni Lettieri, ritiene sia proprio fuori gioco? «Lo dico con un pizzico di ironia, la sua proposta si è rivelata una sorta di maccherone senza buco». Berardo Impegno, ex deputato, docente di filosofia e esponente dell’area liberal-riformista del Pd, cosparge sul suo percorso una infinità di punti interrogativi, fino a spingersi in una previsione che al momento appare piu che altro una scintilla d’ auspicio gettata nel buio pesto di questi giorni: «Credo», riflette, «che il centrosinistra farà le primarie». Perché? «Perché Enzo De Luca non ritirerà la candidatura. Del resto, perché dovrebbe ritirarsi?». Per non spaccare il partito in due e ritrovarsi lui stesso dimezzato. «Le primarie sono fatte per gareggiare. E poi, perché non potrebbe uscirne vincitore? Nel caso dovesse esserci l’intesa con l’Udc, allora le cose potrebbero cambiare: sarebbe il rettore Raimondo Pasquino il vincitore finale. Oppure, secondo una terza ipotesi che include l’Italia dei Valori, potrebbe essere proprio il candidato dell’Idv a vincere le primarie: è un errore, quello dei dipietristi, di dire no alle primarie, potrebbero godere di tutte le condizioni di favore per vincerle, D’altronde, per quale motivo non dovrebbero ottenere in Campania ciò che possono ottenere in Puglia?». E Bassolino, cosa farà: rimarrà a guardare? «Se è Ennio Cascetta il suo candidato deve insistere perché si facciano le primarie e sostenere il suo assessore ai trasporti in modo esplicito. Non credo vi siano più i margini per ricorrere al vecchio metodo del tavolo dei partiti». Alla fine perché non potrebbe essere il segretario campano del Pd, Enzo Amendola, il candidato? «Potrebbe essere la soluzione che mette tutti d’accordo. Ma Amendola, mi chiedo, è candidato?». Ecco, il nodo della partecipazione dell’Udc. Secondo Compagna »non si comprenderebbero le ragioni per le quali l’Udc debba allearsi con il centrosinistra fino a bassolinizzarsi, dopo anni di opposizione». Mentre per Impegno le chances di vittoria del centrosinistra con l’Udc potrebbero aumentare, pur se, osserva, «difficilmente nella storia della Campania si è raggiunto un tale distacco tra politica e società reale. Destra e sinistra», conclude, «ce la stanno mettendo tutta per perdere. Come se giocassero al tressette, nella sua particolare variante negativa, per la quale chi perde, vince. Sole che qui si perde e basta». (di Angelo Agrippa da il Corriere del Mezzogiorno)Pagine
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venerdì 15 gennaio 2010
Caldoro e Amendola, ecco come potrà finire
Due vicende politiche a confronto. Anzi, allo specchio, nella loro apparente immobilità. Da una parte il centrodestra, che dopo la pesante tegola caduta sulla corsa lanciata verso la candidatura del suo leader regionale, Nicola Cosentino (il quale ieri ha ufficialmente comunicato a Silvio Berlusconi di rinunciare alla candidatura per «evitare di affrontare«due battaglie: quella elettorale e quella giudiziaria»), ora si trova a dover gestire la designazione dall’alto di Stefano Caldoro; e dall’altra il centrosinistra, alle prese con la divaricazione di posizioni sempre più ampia tra il sindaco di Salerno, Enzo De Luca, e il governatore Antonio Bassolino, e con le sue mille lacerazioni interne. «Chiunque sia il candidato presidente», commenta Luigi Compagna, senatore del Pdl e docente di Scienze politiche, «è interesse di tutti che Nicola ne diventi il kingrnaker: un centimetro dietro Berlusconi, mezzo centimetro al di sopra di tutti gli altri. E la candidatura di Caldoro va proprio nella direzione giusta». E la coda di resistenza che è stata espressa al Senato in un documento che, tra l’altro, riporta anche la sua adesione, come deve essere interpretata? «Non intravedo alcuna mancanza di lealtà, ma una preoccupazione, sebbene espressa senza equilibri lessicali: è comprensibile il timore di sentirsi delegittimati da una scelta che viene suggerita dal livello nazionale del Pdl, ma io credo che Caldoro saprà mitigarne tutti gli effetti. E poi, la mia preoccupazione nasce tutte le volte che sento pronunciare la frase “la Campania può fare da sé”. La politica regionale non può essere separata dal contesto nazionale. Il regionalismo autoreferenziale, lo abbiamo imparato a spese di tutti, è il peggiore esempio offerto dalla sinistra». Insomma, il leader degli industriali, Gianni Lettieri, ritiene sia proprio fuori gioco? «Lo dico con un pizzico di ironia, la sua proposta si è rivelata una sorta di maccherone senza buco». Berardo Impegno, ex deputato, docente di filosofia e esponente dell’area liberal-riformista del Pd, cosparge sul suo percorso una infinità di punti interrogativi, fino a spingersi in una previsione che al momento appare piu che altro una scintilla d’ auspicio gettata nel buio pesto di questi giorni: «Credo», riflette, «che il centrosinistra farà le primarie». Perché? «Perché Enzo De Luca non ritirerà la candidatura. Del resto, perché dovrebbe ritirarsi?». Per non spaccare il partito in due e ritrovarsi lui stesso dimezzato. «Le primarie sono fatte per gareggiare. E poi, perché non potrebbe uscirne vincitore? Nel caso dovesse esserci l’intesa con l’Udc, allora le cose potrebbero cambiare: sarebbe il rettore Raimondo Pasquino il vincitore finale. Oppure, secondo una terza ipotesi che include l’Italia dei Valori, potrebbe essere proprio il candidato dell’Idv a vincere le primarie: è un errore, quello dei dipietristi, di dire no alle primarie, potrebbero godere di tutte le condizioni di favore per vincerle, D’altronde, per quale motivo non dovrebbero ottenere in Campania ciò che possono ottenere in Puglia?». E Bassolino, cosa farà: rimarrà a guardare? «Se è Ennio Cascetta il suo candidato deve insistere perché si facciano le primarie e sostenere il suo assessore ai trasporti in modo esplicito. Non credo vi siano più i margini per ricorrere al vecchio metodo del tavolo dei partiti». Alla fine perché non potrebbe essere il segretario campano del Pd, Enzo Amendola, il candidato? «Potrebbe essere la soluzione che mette tutti d’accordo. Ma Amendola, mi chiedo, è candidato?». Ecco, il nodo della partecipazione dell’Udc. Secondo Compagna »non si comprenderebbero le ragioni per le quali l’Udc debba allearsi con il centrosinistra fino a bassolinizzarsi, dopo anni di opposizione». Mentre per Impegno le chances di vittoria del centrosinistra con l’Udc potrebbero aumentare, pur se, osserva, «difficilmente nella storia della Campania si è raggiunto un tale distacco tra politica e società reale. Destra e sinistra», conclude, «ce la stanno mettendo tutta per perdere. Come se giocassero al tressette, nella sua particolare variante negativa, per la quale chi perde, vince. Sole che qui si perde e basta». (di Angelo Agrippa da il Corriere del Mezzogiorno)
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