E' una segreteria a tempo quella di Pierluigi Bersani. La riunione del 'caminetto' del Pd è stata a dir poco burrascosa, tanto che il leader piacentino ormai non deve più guardarsi soltanto dalla minoranza interna di Franceschini, Veltroni e Fassino, ma anche dallo strappo di D'Alema. E' proprio così, l'ex presidente del Consiglio ormai è in silenzio da settimane, almeno ufficialmente, e questa scarsa voglia di parlare con i giornalisti cela il disappunto e la delusione per la gestione del Partito Democratico. Considerato troppo confuso, piegato su se stesso e privo di iniziativa. Lo sponsor di Bersani nella corsa delle primarie ha dunque mollato, almeno temporaneamente, il suo pupillo. Una situazione generata anche dalla crisi del Popolo della Libertà. Prima il segretario ha cercato di far capire che Fini doveva essere un interlocutore e poi ha dato l'aut aut chiudendo al dialogo con la maggioranza e il Centrodestra. Una posizione ondivaga e ambigua, che non è piaciuta affatto agli altri big democratici. Perché mette il Pd agli occhi degli italiani sulla difensiva. Al contrario bisognerebbe sempre essere all'attacco, pronti a sfidare il governo soprattutto in un periodo difficile per il Popolo della Libertà. Su tutto aleggia l'ipotesi-spettro delle elezioni anticipate. Tra i parlamentari democratici è diffusa la convinzione che alle urne si andrà nel 2011. In questo caso non c'è tempo per cambiare la leadership. Per avviare un processo vero e proprio a Bersani, colpevole secondo molti di non aver ammesso la sconfitta alle Regionali di fine marzo. Ed è per questo che la corrente Franceschini-Veltroni-Fassino non affonda il colpo. Proprio perché non si vuole "distruggere" il partito a dodici mesi dalle possibili elezioni politiche. Ma se l'orizzonte fosse più ampio, il 2013, con il voto in importanti città come Milano, Torino, Bologna e Napoli il prossimo anno, lo scenario cambierebbe radicalmente. E se il risultato non fosse soddisfacente, come all'ultima tornata amministrativa, si riaprirebbero i giochi per la segreteria. D'Alema scontento di Bersani, Area Democratica ed ex-rutelliani pronti a lanciare l'assalto. Il segretario sarebbe in minoranza, considerando anche il suo pessimo rapporto con Prodi. A quel punto, l'unico capace di mettere tutti insieme e di tentare di recuperare il Nord sarebbe una sola persona: Sergio Chiamparino. Tanto evocato dall'inascoltato Massimo Cacciari, l'attuale sindaco di Torino avrebbe l'appoggio sia di Baffino sia della minoranza interna, compreso Ignazio Marino. A far perdere quota e chance di successo a Bersani è anche l'allontamento dell'Udc. Casini è silente, proprio perché si è reso conto che gli elettori centristi non premiano l'alleanza con il Pd. Come dimostra la sconfitta in Piemonte. E invece premiano l'appoggio al Pdl (vedi Lazio). Insomma, nei Democratici il dibattito è aperto. E la poltrona del segretario è sempre più in bilico... (Affari Italiani)
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