Regione Campania - Il dissidio tra il presidente Caldoro e l’assessore Taglialatela, a proposito delle competenze di Raffaele Calabrò in materia sanitaria, è un segnale che Palazzo Santa Lucia non dovrebbe sottovalutare. Perché la sanità resta il punto più critico della Regione e perché Taglialatela è personalità politica, dunque abituato a non parlare a caso. L’episodio indica tensioni insidiose tra la presidenza e alcuni settori del centrodestra. Ma, a dire il vero, si tratta di un caso isolato. Al momento, il vascello di Caldoro sembra aver scelto una rotta precisa, pur nel mare in tempesta. O proprio perché la situazione è difficile. Un passo dopo l’altro, il governatore ha blindato i disastrati conti regionali mettendoli nelle mani del ministro Tremonti (è stato Tremonti a designare l’assessore al Bilancio); poi ha denunciato lo sforamento bassoliniano del patto di stabilità, azzerandone i relativi provvedimenti; infine, si è concretamente dedicato al risanamento, tagliando una trentina di dirigenti esterni e iniziando lo scrutinio del popolo dei consulenti sbocciato negli anni della finanza allegra. Provvederà con altrettanta sollecitudine allo scandalo delle «partecipate» e alla bonifica sanitaria? Naturalmente, l’opposizione non l’ha presa bene. Una smemorata Buffardi ha accusato la giunta di tagliare la spesa sociale. Bassolino ha messo nero su bianco che il suo bilancio era perfettamente in regola. E intanto piovono i ricorsi al Tar. Affermazioni e iniziative piuttosto singolari da parte di chi ha permesso uno sforamento del patto di ben il 25 per cento. Ma questo prevede il gioco delle parti. Più significativo è che — eccezion fatta per il caso Taglialatela — partiti e leader del centrodestra non abbiano interferito sull’operato della giunta, così avallandolo di fatto. Alla silenziosa navigazione di Caldoro, ha corrisposto il silenzio della sua maggioranza. Se si pensa al fiorire delle resistenze interne che stanno accompagnando la manovra di Tremonti, la compattezza del centrodestra campano è sorprendente. Dopo tutto, il Pdl e i partiti minori della maggioranza qualche rischio politico lo corrono. La scelta di Caldoro di dialogare con Roma (accettandone una sorta di tutela finanziaria), il ridimensionamento del welfare, lo sfoltimento del sistema consociativo costruito dalla sinistra rischiano di avere conseguenze elettorali non esaltanti per la maggioranza. E di ripercuotersi, per esempio, sull’esito delle prossime elezioni municipali a Napoli. Né piacerà al Pdl la sobrietà comunicativa di Caldoro, il quale sembra voler sottolineare ad ogni piè sospinto la propria diversità rispetto ai giochi pirotecnici del primo bassolinismo. Tutto questo può essere l’effetto della scelta di un governatore privo di grandi coperture di partito. Un effetto paradossale della sua debolezza politica. O può derivare dalle caratteristiche di una squadra accortamente miscelata con tecnici di qualità. Ma potrebbe, più semplicemente, costituire la presa d’atto che la situazione è troppo seria per dar fuoco alla miccia delle faide interne. È stato Caldoro, del resto, alzando per una volta la voce, a dire che «la Campania è ridotta come la Grecia». (di Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno)
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