Senatori a vita addio: l'articolo 59 della Costituzione, che ne disciplina la nomina e le prerogative, va abolito. A chiederlo sono il Pdl, con due proposte di legge, una alla Camera e una a palazzo Madama, e il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, egli stesso senatore a vita.Nella Costituzione, spiega Cossiga, "vi sono due istituti anomali per un regime rappresentativo e parlamentare basato sulla sovranita' popolare espressa in libere e periodiche elezioni ed in contrasto con i suoi principi: quello dei senatori a vita e di diritto, e cioe' degli ex presidenti della Repubblica che non rinuncino a tale ufficio, e quello dei senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica". Un'anomalia, dice Cossiga, "che puo' creare gravi distorsioni politico-istituzionali, quando i risultati elettorali portino a situazioni marginali, in cui per la formazione delle maggioranze i senatori a vita possono giocare un ruolo determinante". Via quindi dalla Carta costituzionale l'articolo 59, propone Cossiga, salvi comunque i senatori a vita attualmente in carica, pur senza diritto di voto. Per gli ex presidenti della Repubblica deve essere previsto un trattamento, "comprensivo di un assegno vitalizio e di servizi", da stabilire per legge. Non è la prima volta che si parla dell’abolizione dell’istituto dei senatori a vita. La questione viene sollevata spesso e sempre con la medesima motivazione di fondo: in una democrazia rappresentativa non è corretto che alcuni parlamentari siano nominati da una singola persona, sia essa di garanzia come il presidente della repubblica, senza nessun fondamento democratico. Il deputato Giorgio Holzmann (PdL) non ha dubbi in proposito e spiega così al Corriere le origini dell’istituto: «È un retaggio dello Statuto albertino che prevedeva, al fianco di una Camera elettiva, un Senato composto dai principi della famiglia reale, i quali ne entravano a far parte di diritto al compimento del ventunesimo anno di età, e dai membri nominati a vita dal Re, che li sceglieva tra categorie di dignitari individuate dall’articolo 33 dello stesso Statuto». È evidente, prosegue Holzmann, che «in situazioni di maggioranze politiche non ampie — in cui pochi voti, o addirittura uno, possono determinare le decisioni dell’assemblea— un numero cospicuo di senatori a vita diventa fondamentale in fase di votazione».
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