Sorrento - Diagnosi tardive e nuove terapie dell’artrite reumatoide, malattia autoimmune che in Italia colpisce 300mila persone tra i 35 e i 50 anni, costringendone la maggior parte alla disabilità. È questo il tema del convegno che, dopo l’apertura ufficiale di ieri, si concluderà oggi presso l’hotel Hilton. Al centro del dibattito, al quale hanno preso parte 160 tra esperti della malattia e medici provenienti dai principali centri italiani, il problema della diagnosi tardiva: «Tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi – spiega Gabriele Valentini, professore universitario e direttore dell’unità operativa di Reumatologia presso la Seconda Università di Napoli – trascorre in media più di un anno, motivo per il quale un paziente su due non raggiunge un buon controllo della malattia o non risponde affatto alle terapie, con conseguenze gravemente invalidanti». Un problema particolarmente evidente nelle regioni del Sud, dove spesso i pazienti non riescono a raggiungere i centri reumatologici a causa dell’eccessiva distanza o delel liste d’attesa troppo lunghe. La Campania risulta all’avanguardia grazie all’adeguata distribuzione dei centri reumatologici sul territorio, al periodico confronto sulla patologia ed alla creazione di una clinica per la diagnosi precoce a Napoli. Ma anche qui non mancano i problemi, come ricorda lo stesso Valentini: «le diagnosi sono ancora tardive: bisognerebbe istituire un centro unico di prenotazione in modo da ridurre i tempi d’attesa e dare una priorità alle prenotazioni, agevolando i pazienti che necessitano di un intervento più rapido». Protagonista del confronto tra i medici anche il tocilizumab, il farmaco biologico da poco immesso sul mercato proprio per la cura dell’artrite reumatoide: «si tratta di una grande novità terapeutica – conclude Valentini – la cui efficacia è stata testata su oltre 4mila pazienti con risultati più che soddisfacenti: recenti studi hanno evidenziato addirittura una significativa riduzione della progressione del danno articolare nei pazienti affetti da artrite moderata o severa, che siano stati trattati per almeno due anni». (Antonino Siniscalchi il Mattino)
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