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mercoledì 19 gennaio 2011

L’evidenza delle prove

“In qualsiasi altro Paese – scrive Giuseppe D’Avanzo su Repubblica - che abbia rispetto di se stesso e delle sue istituzioni, Berlusconi si sarebbe già dimesso. Se questo non avviene, non lo si deve alla tignosa "invincibilità" del grottesco Sovrano che ci governa, ma a una classe dirigente incapace di assumersi responsabilità civili, indifferente a un senso comune dell'appartenenza e all'onore. Lo si deve a una Nazione senza amor proprio. Le tracce di questa triste condizione, si scorgono nei co-protagonisti di quest'affare o nell'assenza di alcune corpi collettivi. È un bestiario dalle mille figure. Un ministro della Repubblica, Ignazio La Russa, apprende che Berlusconi si è inventato "una fidanzata" per uscire dall'angolo. Si precipita dinanzi alle telecamere di un telegiornale per giurare, senza arrossire, che "lui, lo sapeva da tempo". Un avvocato di grande reputazione a Milano, Massimo Di Noia, difende Ruby. Ruby è la parte lesa di un reato sessuale e appare assolutamente irrituale e anomalo (anche se non esplicitamente vietato) che egli si sia prestato a interrogare la sua assistita per conto dell'indagato. E bisogna escludere - perché vietato - che egli abbia richiesto per le investigazioni difensive dell'avvocato di Berlusconi "notizie sulle domande formulate o sulle risposte date" da Ruby ai pubblici ministeri che l'hanno interrogata.”

Il sensale del Bunga Bunga

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