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lunedì 17 gennaio 2011

L'incultura gregaria della sinistra

Vico Equense - "E´ stupefacente l´incultura gregaria della sinistra che ha smarrito il quadrante della modernità e della conservazione, e pensa che l´innovazione sia cedere al pensiero dominante perché non ha un´idea propria del lavoro oggi, delle nuove diseguaglianze, del legame tra modernizzazione, partecipazione solidarietà, come dice Ulrich Beck, quindi la London School Economics e non una università marxista del secolo scorso: " Se il capitalismo globale dissolve il nucleo di valori della società del lavoro, si rompe un´alleanza storica tra capitalismo, Stato sociale e democrazia, quella democrazia che venuta al mondo in Europa proprio come democrazia del lavoro". Sono le parole di tratte da un editoriale di Ezio Mauro, di venerdì 14 gennaio subito dopo il referendum della FIAT. Sono parole che si riferiscono all´atteggiamento attendista e spesso assolutamente codino tenuto dal PD o da molti dei suoi rappresentanti schierati dalla parte del SI. Sono parole che dovrebbero fare riflettere su quali personaggi è stata lasciata la politica sociale e del lavoro in Italia: I Fassino, i Chiamparino, i D´Alema, I Renzi, lo stesso Bersani, e il sindacato, la CISL, la UIL e parte della CGIL, tutti schierati per il si, tutti affascinati dal maglioncino informale e tirannico di Marchionne. Il dirigismo aziendale e la dittatura del capitalismo, questa si autentica, contro quella del proletariato che invece non si è mai realizzata. Già, perché di questo si tratta: per più di sessant´anni ci hanno fatto credere che la dittatura del proletariato, si era affermata in un´Unione Sovietica , in Cina, a Cuba; una mega bugia colossale che Berlusconi ripete ancora. Una mega bugia che invece nascondeva dittature di partiti e di regimi burocratici che, ancora una volta mantenevano in schiavitù e in povertà indecente il proletariato. Oggi invece appare chiaro e manifesto il disegno mondiale di ristrutturazione capitalistica: abolizione dei diritti dei lavoratori in fabbrica, limitazione del diritto di sciopero e di assenza per malattia e limitazione e delle rappresentanze, anche là dove esse ci saranno, saranno minime e secondarie rispetto ai ritmi di produzione. Quella che si dice essere la sinistra italiana si sarebbe dovuta scandalizzare e invece abbiamo assistito ad un balletto ridicolo di dichiarazioni e prese di distanza dalla FIOM, che a tratti viene fatta passare per terrorista, che è stato vergognoso: l´incultura gregaria di chi ha smarrito il parametro di un´idea di giustizia sociale e rincorre una modernità stantia perché teme che Berlusconi possa rammentargli il passato della finta dittatura del proletariato e che, loro che non hanno più né la cultura, né la memoria storica di discernere il grano dall´olio, hanno rinnegato, timorosi di perdere quelle mediocre poltroncine parlamentari e le presenze nei talkshow . Gente che avrebbe dovuto gridare in faccia a questi kapò dell´impresa che il lavoro non è una merce come un´altra e che non si possono cancellare le vite di uomini e donne che lavorano alla catena di montaggio pagando quei turni di lavoro massacrante per 1100 euro al mese. Ogni merce possiede un valore d´uso, determinato dal bisogno di essa, un valore di scambio, che garantisce di essere scambiata con altre merci. Il valore di scambio è determinato dalla quantità di lavoro necessario per produrla (valore=lavoro). Marx non identificava il valore con il prezzo, infatti su quest´ultimo influiscono altri fattori come l´abbondanza o la scarsità delle merci. Secondo Marx il ciclo capitalistico non era quello "semplice" delle società pre-borghesi M.D.M (merce-denaro-merce), con il reinvestimento del capitale in nuova merce, ma piuttosto D.M.D. (denaro-merce-denaro), in cui il capitalista investe denaro in merce per ottenere altro denaro. Così Marchionne durante la produzione "compra" il lavoro dell´operaio con il salario, ma non gli corrisponde un valore adeguato e soprattutto non considera l´umanità dell´operaio che viene considerato alla stregua di una macchina. Quindi il plusvalore deriva dal pluslavoro del salariato, ma non coincide con il profitto del capitalismo di Marchionne che viene centuplicato. Risulta allora che questa grande innovazione di Marchionne che tutto il PD e i sindacati , vedono come l´unica possibile per fare vivere la FIAT, non è niente altro che la logica capitalistica spietata che si regge sul ciclo D.M.D ( Danaro- Merce -Danaro), ovvero come un tipo di società retta esclusivamente dalla logica del profitto privato, anziché sulla logica dell´interesse collettivo. Tutto questo, visto in scala globale, dovrebbe evidenziare le contraddizioni di base del capitalismo ovvero: il contrasto sempre più teso e radicale tra le forze produttive sempre più sociali e il carattere privatistico dei rapporti di produzione, di proprietà e di profitto. Ora in Europa, negli ultimi cento anni, le lotte sociali del lavoratori, avevano in qualche modo posto dei controlli su rapporto capitale lavoro, anche con l´intervento di politiche di welfarestate. La vicenda FIAT e l´atteggiamento di Marchionne, come ho già avuto modo di scrivere, non è affatto innovativo, ma egli invece fa regredire il rapporto valore-lavoro ai livelli pre moderni, ovvero a quei livelli nel quale sono ancora collocate tutte quelle società che stanno facendo ora l´ingresso sui mercati globali. La "anime morte" del PD e del sindacato, i dottor sottile che hanno fatto sofismi sulla pelle della povera gente, non hanno diritto più a rappresentare nessuno. Gli operai FIAT sono stati lasciati soli da tutti, non hanno più rappresentanti ed hanno fatto bene a delegittimare ufficialmente questa gente. I vertici del PD attraverso le loro opinabili scelte e le loro politiche nazionali e locali, hanno la responsabilità di aver distrutto una tradizione di storia e di identità che invece andava preservata sfrondata dagli errori e dagli elementi di menzogna, invece hanno preferito - per sentirsi moderni- gettare via anche il bambino con l´acqua sporca. Il conflitto sociale si inasprisce sempre più e la Tunisia non è molto lontana da noi. (di Franco Cuomo)

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