Vico Equense - Tommaso de’ Gennaro, imprenditore, fa parte del direttivo dei democratici da luglio scorso. Da mesi si batte per modernizzare la classe dirigente. Inguaribile ottimista, guarda con positività al futuro. Qual è la sua ricetta per trasformare il PD? “Una domanda non facile a rispondersi. – spiega il dirigente dei democratici - E’ vero che sono ottimista. Ed è vero che lo sono anche a causa del lavoro che faccio, quello dell’imprenditore. Io non ho la presunzione di conoscere la ricetta per migliorare un partito. Forse il mio può essere, più semplicemente, il modesto contributo per provare ad immaginare un nuovo modo di intendere la Politica nel suo complesso. La politica da troppo tempo ha disatteso alle sue più elementari funzioni: quello di interpretare le esigenze di un territorio e di prospettare un futuro migliore fatto di crescita sociale, economica e culturale. Questo non avviene perché tutti i partiti, indifferentemente da destra a sinistra, sono chiusi nel loro grigiore fatto di spartizioni di fette di potere più o meno grandi, tutti incentrati nell’acquisire consenso attraverso clientele fatte crescere all’ombra di sprechi enormi di risorse pubbliche e con la dilatazione massima della pubblica amministrazione e spesso con la distruzione di un territorio e delle sue prospettive di sviluppo. Una disfatta che ci ha portato ad un debito pubblico terrificante che toglie margini di manovra alle politiche economiche e sociali dei governi, e che ci condanna ad uno stato di polizia tributaria asfissiante e ingiusto per il livello vergognoso dei servizi che la nostra Pubblica Amministrazione ci fornisce in cambio. Ma ora i nodi vengono al pettine. Ora la classe politica è sempre più chiamata all’impari confronto con i problemi reali. Il federalismo fiscale, oramai inevitabilmente alle porte - anche per tutte le problematiche che ci sta rovesciando addosso il XXI secolo -, imporrà una svolta nel modo di fare politica e di amministrare. Se si fallisce il rischio, molto probabile, sarà il taglio crescente dei servizi pubblici, una imposizione fiscale alle stelle e il default dei bilanci pubblici, specialmente quelli degli enti locali meridionali, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili. Quindi il mio appello è quello di aprire le finestre e le porte della politica e farci entrare la luce e il cuore della gente. Solo così avremo il senso della realtà e dei problemi concreti del quotidiano, dei giovani, delle donne, degli anziani, dei lavoratori e degli imprenditori, dei commercianti e dei professionisti; e finalmente potremo guardare con fiducia alla politica come strumento utile per fare avanzare, nel suo complesso, una intera società. E questa è la strada che deve intraprendere, ovviamente, anche il Partito Democratico. Una svolta che deve, necessariamente, essere accompagnata da un ricambio della classe dirigente. Un ricambio anche generazionale e meritocratico che sappia andare oltre il meccanismo triste della cooptazione. Perché è giusto che persone giovani, nate dopo gli anni sessanta diventino protagonisti del loro futuro. Una generazione libera da tutte quelle incrostazioni ideologiche di un secolo maledetto che ancora acceca le menti, da una parte e dall'altra. Una generazione che si renda conto che questo nuovo millennio sta aprendo scenari inediti e cambiamenti epocali che stanno mettendo in crisi un intero sistema di valori e di certezze che si credevano acquisiti per sempre. Una generazione che sappia guardare la controparte non come nemico da abbattere ma come avversario politico col quale confrontarsi con la forza delle idee. Nel nostro paese cambiano i nomi dei partiti ma rimangono immutati quello dei dirigenti, che stanno trasformando la nostra democrazia in una sorte di gerontocrazia di stampo sovietico. E’ tempo di cambiare anche perchè il Pd deve saper riconoscere gli errori commessi dal centro-sinistra in una Regione come la nostra, umiliata dal disastro dei rifiuti e da una sanità alle soglie della bancarotta e nella totale inefficienza. Quindi, capacità di rinnovarsi e capacita di saper fare autocritica. Ma anche capacità di trovare armonia, senso di appartenenza, senza i distingui di sempre e soprattutto con la capacita di assumere un atteggiamento positivo, col rispetto del confronto e delle diversità, con la tutela delle minoranze e il rispetto delle maggioranze, e soprattutto con capacità di sintesi che possa portare ad esprimere idee e proposte. Queste devono essere – conclude Tommaso de Gennaro - le linee guida che mi sento di suggerire a tutti, da chi ha un ruolo di responsabilità politica come dirigente fino al semplice iscritto e al semplice simpatizzante.”
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