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venerdì 22 luglio 2011

La comunità di Pacognano ricorda don Adolfo L’Arco

Vico Equense - Il 25 luglio 2010 si spegneva a 94 anni, nella Casa religiosa di Pacognano lo scrittore e predicatore don Adolfo L’Arco (nella foto), uno dei più anziani salesiani d’Italia. Era nato a Fontanelle di Teano nel 1916 ed entrò giovanissimo tra i figli di Don Bosco. La sua vasta cultura e soprattutto la sua amabilità pastorale ne fecero presto un oratore ricercato e un autore di libri ascetici che si leggevano piacevolmente. Ed a lui si accorreva, attratti da quella inalterabile serenità che sgorgava da una ininterrotta “vita interiore”, in unione col “Cristo in cui spero” (titolo del suo libro più impegnativo) e con la tutta salesiana Maria Ausiliatrice. I suoi solenni funerali si svolsero nella cattedrale di Castellamare di Stabia, gremita anche per la partecipazione di centinaia suoi ex alunni sacerdoti e laici. Per il trigesimo, volle che sul retro della tradizionale pagellina – ricordo si stampasse il “saluto” da lui stesso preparato, e che diceva tra l’altro “Per le preghiere, che hai elevato per me ti ringrazio anche a nome di San Francesco di Sales, di Don Bosco e di Papa Giovanni. Come ricordo dei miei funerali ti lascio questa esortazione del nostro beato Don Rinaldi: Quello che non si ottiene con l’amore non vale la pena ottenerlo con qualsiasi altro mezzo. Grazie per l’eternità!” Chi ha incontrato don Adolfo L’Arco solo sporadicamente o seguendo un corso di esercizi spirituali da lui predicati, non avrà avuto il tempo di rendersi conto dell’intera, eccezionale sua personalità. Forse ricorderà, delle sue effervescenti meditazioni, più la maniera scorrevole e gioviale che la profondità dei suoi insegnamenti; più le innocenti facezie con le quali rendeva più attento l’uditorio, anziché la ricchezza spirituale delle conclusioni. È solo attraverso i suoi scritti, infatti, che emerge, e sorprende, la vastità del sapere, frutto delle letture e degli studi che non ha mai tralasciato fino alla vigilia della sua breve e purtroppo letale malattia. Ma la cultura di don L’Arco non si limitava agli studi teologici. La sua laurea in filosofia, la conoscenza non superficiale delle principali letterature straniere e del vicino e lontano Oriente gli consentivano di possedere una visione universale della vita – i tedeschi direbbero la Weltschauung – che sapeva tradurre poeticamente e “cristificare” nel senso chardeniamo a lui tanto attraente. A ben ragione, quindi, in occasione del suo 60mo di sacerdozio, nel 2005, il Rettore Maggiore potè definirlo “orgoglio della Congregazione Salesiana”. Il primo anniversario della morte sarà ricordato lunedì 25 con liturgie eucaristiche nelle varie Case dell’Ispettoria di Napoli – Salerno, ed in particolare in quella di Pacognano, dove don L’Arco ha trascorso gli ultimi anni scrivendo, predicando e confessando fino alla vigilia della morte e dove lunedì alle 18 il vescovo di Castellammare, monsignor Felice Cece, celebrerà una messa in ricordo. (Fonte: Raffaele Mezza da il Giornale di Napoli)

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