Fonte: di Luigi Roano da il Mattino
Pd contro Pd e i democratici vivono l’ennesimo momento di rottura cominciato con le primarie farsa e con l’ombra dei brogli e finito con la pesantissima sconfitta elettorale a Napoli. E un po’ come «Kramer contro Kramer», storia di un divorzio con tutto quello che ne consegue. Non certo serenità. Nicola Tremante – ex segretario provinciale – contro il suo partito. La storia finisce in tribunale. Ieri la prima udienza. Il ricorso ex articolo 700 è contro la direzione nazionale, quindi anche contro Pier Luigi Bersani, pende davanti al Tribunale di Napoli e la sentenza è attesa a settembre dopo il rinvio di ieri per un difetto di notifica che ha comportato la mancata costituzione in aula proprio del Pd nazionale. Ma il caso è aperto, uno squarcio nell’estate che stava filando via senza sussulti nel partito democratico. Tutto comincia dal peccato originale delle primarie per decidere il candidato sindaco, nello scorso autunno. Il segretario nazionale del partito Pierluigi Bersani, viste le divisioni e l’inconciliabilità delle tesi tra le varie anime del partito, decide di commissariare la segreteria provinciale inviando a Napoli Andrea Orlando, con la missione di traghettare il Pd alle elezioni di primavera. Di fatto viene estromesso dal vertice del partito il segretario Nicola Tremante.
Decisione che produce malumori ma alcuna iniziativa giudiziaria. Accade poi che il commissariamento, il 24 giugno scorso, dopo le elezioni vinte da Luigi De Magistris, viene reiterato con una proroga. Una proroga senza termine, quindi di fatto fino al prossimo congresso. Ed è qui che la situazione per Nicola Tremante diventa inaccettabile. Scatta il ricorso, peraltro dopo lunga attesa e riflessione di Tremante, che confidava in un segnale preciso dal partito nazionale. Un ricorso in sede civile, ex articolo 700, quindi «d’urgenza» presentato per conto del segretario provinciale dall’avvocato Francesco Barra Caracciolo. Due le violazioni, «gravi», segnalate nel ricorso. La prima – è scritto nell’atto del ricorrente – riguarda la procedura di commissariamento: l’organo competente non è la segreteria nazionale ma la direzione regionale del partito secondo statuto. La seconda è che il commissariamento è previsto nel caso in cui vengono commessi atti lesivi dell’immagine o della linea indicata dal partito stesso. Di fatto «una grave lesione dei diritti» di un segretario rimosso per «motivi gravi». Una alla sua immagine di politico e di uomo per il ricorrente. Di qui il ricorso dove Tremante chiede il reintegro nella funzione di segretario, la pubblicazione della sentenza sui quotidiani, e in liquido, a titolo simbolico, il risarcimento di un euro. Un pasticcio dunque che chissà come finirà. Tremante non commenta, quello che trapela è l’amarezza per una situazione che vede sconfitta la politica, la passione di una vita. Possibile – il ragionamento – che nessuno nel Pd abbia sentito la necessità di risolvere la questione per via politica e diplomatica? Possibile che nessuno abbia pensato di aprire un tavolo per cercare di risolvere una situazione che ha del grottesco? Settembre è ancora lontano magari in queste settimane qualcuno sotto l’ombrellone comincerà a riflettere e a intraprendere un’azione in quella direzione. «Tutto questo lo faccio solo per amore del Pd – racconta Tremante – perché credo che serva chiarezza e il rispetto delle regole». Sono le poche battute che si concede. Basterà per trovare una soluzione di buon senso? Difficile dirlo adesso. Il rischio è che il partito si ritrovi un segretario confermato non in un congresso ma in una aula di tribunale.
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