Un ‘emendamento choc’ alla manovra per colpire duramente l’evasione fiscale. E’ quanto propone il senatore Raffaele Lauro, componente della Commissione Affari Costituzionali e membro della Commissione Antimafia, in vista dell’approdo in Senato della manovra economica. Un intervento che come lui stesso ripete “vuole risolvere uno dei nodi irrisolti della manovra Tremonti: la lotta all'evasione fiscale, all'esportazione dei capitali e all'economia in nero”. Senatore, in che cosa consiste questo emendamento?
Vorrei fare una premessa. L’economia globalizzata sta andando a rotoli, trascinando con sé non solo l’Occidente (Stati Uniti, Ue), ma anche i paesi di nuovo sviluppo, perché se non tira la domanda dei paesi cosiddetti ricchi, anche quelli cosiddetti emergenti vanno in rovina. Esiste un’interdipendenza delle debolezze. La globalizzazione ha prodotto vantaggi, ma anche svantaggi, perché gli Stati-Nazione non hanno più poteri di controllo e sul mercato globale dominano, senza alcun freno, i capitali della speculazione internazionale ed i capitali della criminalità organizzata, che, spesso, si intrecciano e fanno massa tra di loro. Le istituzioni internazionali, politiche ed economico-finanziarie, non riescono a trovare più in bandolo della matassa e i governi occidentali, sia quello USA che quelli europei, si rivelano impotenti, anche di fronte ad un’agenzia di rating, che è certamente collegata alla speculazione internazionale. L’incontro tra la Merkel e Sarkozy ha fotografato, in maniera plastica, anche l’impotenza dell’Unione europea. E’ auspicabile un vero governo europeo dell’economia. Ma quando, in quanto tempo? L’unico passo avanti è l’inserimento nelle Costituzioni dell’obbligo di pareggio del bilancio pubblico, ma anche per questo ci vuole tempo. Si tratta di un auto-limite che i governi pongono a se stessi, perché incapaci e troppo deboli ad affrontare i nodi strategici di uno sviluppo drogato. Quindi il problema di fondo è la debolezza della politica rispetto al dominio finanziario della speculazione e delle mafie. Ecco perché la polemica del PD contro la credibilità internazionale del Governo Berlusconi, e dello stesso premier, fa ridere. Se ci fosse il PD al governo non cambierebbe niente, neppure con un governo “salvifico” di supertecnici. Polemiche di retroguardia e chiaramente strumentali! Il mio emendamento, che è un invito alla maggioranza e, ancor più, una sfida all’opposizione, affronta questo nodo, in maniera radicale, attraverso una sanzione di assoluta deterrenza e di grande valore etico: la confisca dei beni per i grandi evasori, per gli esportatori di capitali (anche quelli rientrati scudati!) e per i produttori in nero. Colpisce le aree di illegalità, nelle quali sguazza la criminalità organizzata, e recupera risorse ingentissime per risolvere il problema del nostro debito pubblico, che rimane la corda al collo del nostro sviluppo e del futuro delle nuove generazioni. Con 50 miliardi di euro aggiuntivi su quale parte della manovra interverrebbe? Non ho dubbi: le risorse dovrebbero andare all’abbattimento del debito pubblico e al conseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio. Non giudica eccessivo equiparare i grandi evasori, gli esportatori di capitali e i produttori in nero ai grandi criminali? Assolutamente no. Nei paesi occidentali il rapporto fiduciario cittadino-Stato è fondamentale. Nel sentire comune e nella coscienza collettiva, il grande evasore, l’esportatore di capitali e il produttore in nero sono considerati dei traditori della patria e dei criminali, che, come tali, vengono trattati. Da noi, residua un’indulgenza psicologica verso chi inganna lo Stato e tradisce la comunità. La mancanza di coraggio nell’affrontare, in maniera radicale e risolutiva, l’evasione fiscale deriva da questo riflesso condizionato. Ad esempio, mi fa ridere il dibattito sulle percentuali di tassazione straordinaria da applicare ai capitali scudati: chi propone l’1%; chi, come il PD, il 20%. Ma è ridicolo! Se lo Stato deve tradire l’impegno assunto, indicare percentuali è una contraddizione. Se “tradimento” vi deve essere, a causa di motivi straordinari e in forza di un principio difendibile di pubblica moralità, allora si confischino tutte le somme scudate. Nel nostro ordinamento cosa è previsto per queste tipologie di reato? Vorrei precisare che non ho proposto di passare per le armi i grandi evasori fiscali, ma solo di confiscare i loro i beni, nella misura del reddito evaso. Le sanzioni attuali sono troppo tenui e non hanno nessuna deterrenza. Anche perché sono tutte eludibili. Non l’avrebbero, in verità, neppure l’arresto e il carcere. L’unica deterrenza è la confisca dei beni, che sta dando successi, anche nella lotta alla criminalità organizzata. Ha già detto che non la convincono le norme sull’evasione fiscale inserite nella manovra, perché? Dei progressi ci sono stati nella llotta all’evasione, con recuperi fino a dieci miliari di euro, per anno, ma, rispetto al volume della massa evasa, non bastano. Le norme antievasione del decreto Tremonti si collocano in questa ottica tradizionale della lotta all’evasione, mentre è necessaria una misura straordinaria, come quella da me proposta. Oltre alla questione evasione fiscale presenterà qualche altro emendamento? Presenterò altri emendamenti, tutti finalizzati a realizzare le riforme strutturali, di cui il paese ha bisogno. Quella rivoluzione liberale, promessa da Berlusconi, per la quale mi sono impegnato, politicamente, con il centrodestra. E per concludere: qual è il suo giudizio complessivo sulla manovra? Ci sono luci, ombre e specchietti per le allodole. Le luci: sono le poche riforme strutturali. Tremonti poteva approfittare dell’occasione per fare la rivoluzione liberale, tanto attesa e promessa dal centrodestra agli elettori: cancellando tutti i privilegi istituzionali di chi ha ricoperto incarichi pubblici, dimezzando i contributi ai partiti, eliminando i contributi alla stampa politica e quotidiana, abolendo gli ordini professionali e il cumulo degli incarichi pubblici etc..Gli è mancato il coraggio di mettere in gioco se stesso e la poltrona. Si è fatto ricorso al bilancino tra le forze di maggioranza, strizzando l’occhio a una parte delle opposizioni. Le ombre: incidere pesantemente, in modo indiretto sulle categorie meno abbienti, e, direttamente, su chi è corretto nelle dichiarazioni fiscali. Come dire, gli onesti vengono puniti, ed i furbi premiati. La filosofia di sempre, applicata anche dai governi della prima repubblica. Gli specchietti per le allodole: l’abolizione delle province, al di sotto di un numero di abitanti e dei piccoli comuni. Una buffonata all’italiana! Non porterà al risparmio di un solo euro, come dimostrerò nel dibattito in commissione e in Aula. O si riforma la costituzione e si aboliscono tutte le province, affidando i compiti alle regioni o, dove sono, alle autorità metropolitane. Oppure rovescerei l’impianto: abolirei tutte le province grandi, e manterrei in vita solo quelle piccole, che continuano a svolgere validamente un ruolo di ente intermedio, tra i comuni e le regioni.
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